domenica 29 novembre 2015

Le sensazioni della domenica di fine mese...

La domenica non è per me uno dei giorni più rilassanti della settimana, anche se mi obbligo a restare tutto il santo giorno in pigiama, quasi più come un dovere che come un sacrosanto piacere. Eppure non sono mai totalmente distesa, perchè i pensieri già corrono all'indomani: chissà che sciopero ci sarà; chissà se un finto pacco bomba bloccherà la metro; chissà se qualche incidente fermerà il tram (perchè ovviamente i due idioti non si tamponano semplicemente sulla strada, ma sempre sui binari del tram). Lo stress e l'ansia salgono, ma mai quanto la domenica di fine mese. Il perchè è semplice. Quando una persona è nata stanca come me, la soluzione alle cose è sempre quella nelle immediate vicinanze e mai quella più lontana, anche se più risolutiva e semplice. Per questo, poichè per fare l'abbonamento annuale, che mi farebbe risparmiare in fatica e stress, dovrei andare a Termini (che per me è un mondo misterioso e pericolosissimo), mi limito a rinnovare mensilmente l'abbonamento nell'edicola alla stazione Trastevere. 
Voi vi direte "ma che ha Termini di così misterioso? Posso capire pericoloso, ma misterioso?" e invece non è tanto il pericolo di essere scippata, rapinata, picchiata o coinvolta in un attentato che mi frena, quanto più il mistero degli infiniti binari e dell'infinito spazio interno della Stazione Centrale della capitale d'Italia. Una premessa è d'uopo. Io sono riuscita a perdermi, in ordine cronologico, in una nave da crociera, nel mio liceo, per strada innumerevoli volte, sbagliando la direzione del tram. Ora voi, sapendo che non ho il minimo senso dell'orientamento, non riuscite ad immaginare perchè mi spaventi tanto Termini?
Una volta io e il mio fidanzato, di ritorno da Fiumicino, abbiamo sbagliato treno prendendo il diretto per Termini. Siamo arrivati alla stazione in un giorno di desolazione pura, non c'erano treni che partivano nè arrivavano. Non so quanti binari abbiamo visto, ma tutto sotto l'esperta guida del mio fidanzato, io ero come una foglia trasportata dal vento e se ora mi chiedeste il percorso fatto, non ve lo saprei dire. Siamo perfino riusciti ad uscire da Termini... io da sola, probabilmente sarei ancora li, a chiedere ormai l'elemosina.
Quindi domani sarà una giornatina, dovrò fare tappa all'edicola per rinnovare l'abbonamento sperando di non perdere il bus successivo, che devo riprendere, poi cambiare con la metro, poi ricambiare col tram. Arriverò esausta senza aver neanche cominciato.
Che dite, sono ancora in tempo per fare un'altra piccola richiesta a Babbo Natale?



venerdì 27 novembre 2015

Caro Babbo Natale...


Si lo so che è ancora presto, ma quest'anno Babbo Natale avrà molto da fare e così ho deciso di portarmi avanti col lavoro. 
In verità non ho mai creduto a Santa Claus, nè a San Nicola, non ho mai scritto letterine né creduto nei miracoli di Natale, con le dovute romantiche eccezioni (s'intende), ma quest'anno ce n'è proprio bisogno, perché per una come me che ogni giorno vive una odissea per arrivare a lavoro, esprimere qualche desiderio è una risorsa non da poco. E quindi...

Caro Babbo Natale...
Quest'anno credo di essere stata abbastanza buona, non ho trattato male le persone che amo, non ho detto "gravi" bugie, e ho lavorato tanto, ma tanto! Quindi penso di non osare troppo se ti chiedo qualcosa per questo Natale, cose senza troppe pretese eh, è ovvio. 
Comincio con quelle che mi rendo conto siano un po' più difficili, ma almeno potrai scartarle subito e leggere le alternative.
Dunque... vorrei un enorme portale di teletrasporto, messo in giardino ma invisibile alle persone del palazzo, che, si sa, poi vorrebbero usarlo in continuazione e me lo sciuperebbero. Se il teletrasporto non è fattibile allora ti chiedo almeno un jet privato con autista oppure solo il jet e la capacità di imparare le cose come in Matrix, così potrei guidarlo da sola. Se neanche questo è possibile (però che Babbo Natale saresti?) ti chiedo almeno la fermata della metropolitana sotto casa con ultra velocità e solo un paio di fermate tra casa mia ed il mio ufficio. Dai, questa è veramente facilissima! (Non avrai pensato che ti chiedessi un cellulare nuovo o la nuovissima casa di Barbie?)
Poi vorrei che fosse vietato salire sui mezzi pubblici con chewing-gum in bocca, se si parla al telefono o se la mattina non ci si è lavati... Ecco metterei la doccia obbligatoria la mattina!! Questo puoi farlo, non è che ci vuole molto.
Ti vorrei chiedere anche se mi potessi fare trovare una bella coupè con tanto di fiocco e soprattutto tanto di parcheggio privato gratuito sotto casa, ma ovviamente, se mi regali la macchina, devi anche proibire al resto del mondo di guidare a Roma. Una sorta di "no drive zone" con la sola ed unica eccezione di me medesima. Ma se questo è troppo, allora accorcia le distanze, rendi Roma piccola come un quartiere di Palermo, dove tutti si conoscono dall'infanzia e si incontrano in piazza, quella piazza che non si chiama più col suo nome ma col nome del bar che ci sta in mezzo, o semplicemente "sotto gli alberi"... della serie "dove ci vediamo oggi, compà?" - "A u sualito, sutta l'arbuli".
Se neanche questo è possibile, perchè non puoi abbattere case e mura, allora regalami uno stipendio mensile di 5000 euro, che sono certa che tutto lo stress mattutino per raggiungere il lavoro, per tornare a casa e per avere così poco tempo per me stessa, passerebbe in un battibaleno. Concedimi due settimane di vacanze ogni 45 giorni di lavoro, obbligatorie. Regalami una villetta multi familiare, dove le altre famiglie sono la mia famiglia. Regalami un sogno... uno dei miei, che ne ho tanti, alcuni decisamente più realizzabili di questi, ma che restano nel mio cuore, che si sa, la gente è cattiva e ti porta sfiga.

Con affetto,
La tua incredula Giorgia.


domenica 15 novembre 2015

Andare sui mezzi pubblici...ai tempi del terrorismo.


Dopo l'11 settembre tutto è cambiato. Da quel momento prendere l'aereo da costantemente la strana sensazione di terrore e paura. Almeno per quel che mi riguarda. Prendo l'aereo con il cuore in gola, prego quando sento che sta per decollare, anche se devo fare solo Roma - Palermo e ritorno. Mi viene il panico quando vedo qualcuno accanto a me che non spegne il cellulare. Soffro finchè non vedo che siamo ad un metro da terra. Solo a quel punto mi calmo.
Dopo il 13 Novembre 2015, tutto cambierà di nuovo, tutto sta cambiando. Sono anni che diciamo che ora tocca a noi, in realtà, ancora una volta è stata Parigi l'obiettivo. Ma stavolta non è stato un giornale satirico, non è stato qualcosa di noto ad essere attaccato. Sono stati i luoghi di aggregazione, i luoghi di vita sociale, luoghi di semplice svago. Sono morti innocenti, molti dei quali più giovani di me e allora si che ci si rende conto, allora si che si sta male. Si pensa "oggi potrei uscire di casa e ritrovarmi a non tornare più". Questo pensiero diventa assillante, instilla il terrore e ti rende terribilmente inquieto. E "terribilmente" non è un termine scelto a caso.
Questo post è serio, me ne rendo conto, forse un pò troppo, ma non posso esimermi dall'essere seria, una volta tanto. E questo è il momento più opportuno. Presto a Roma inizierà il Giubileo, la città sarà al centro dell'occhio del ciclone e basta un minimo spostamento del vento, per far sì che tutto venga spazzato via. E' allarme per le metropolitane, per i luoghi affollati, le piazze...e io, che percorro tutta la città ogni giorno coi mezzi pubblici, dovrei camminare con il costante presentimento di essere la prossima vittima di qualche pazzo assassino. Ma si può vivere così? Anzi, si può NON vivere così?
Come si fa a sopravvivere nel terrore? Non si può, e allora penso che se comunque devo morire, non potrò saperlo prima e quindi tanto vale non pensarci troppo (e con questo non voglio certo dire che andrò a fare paracadutismo o free-climbing). Quanti di quei ragazzi al Bataclan erano li per caso, per una sera, per una vacanza magari di un paio di giorni? Quanti di loro potevano pensare che non sarebbero più tornati a casa? Nessuno. Nessuno di loro. 
Bisogna continuare a vivere e bisogna combattere il terrorismo, ma la guerra non è la risposta. La guerra è la causa. Finchè non capiremo questo, ci saranno altri morti, altre vittime innocenti, ed altro terrore.

domenica 1 novembre 2015

Quello che non sopporto...categorie umane!

Sono tornata. Ebbene si. Credevate che fossi diventata buona, eh? Che avessi sviluppato un profondo senso di tolleranza avendo ogni giorno a che fare con miriadi di folli categorie umane tutte diverse tra loro? E invece no, manco per niente, proprio per nulla. Ho scritto molti post facendo un elenco di quello che non sopporto, a volte ho fatto anche delle classifiche, ma mai prima d'ora mi sono semplicemente soffermata sulle categorie umane. Questo post probabilmente darà fastidio a molti, ma come si dice? Bene o male purchè se ne parli. E quindi eccomi qui ad affrontare quest'ennesimo punto dolente. Sui mezzi pubblici ti trovi a che fare con tutte le categorie che per questioni di vita avevi deciso di evitare come la peste. E il caso vuole che spesso te le ritrovi accanto, proprio ad un centimetro e, volente o nolente, devi comunque condividere con loro una parte del tuo tempo. Come fare? Direi che, citando un famoso monologo del film "La 25° ora" di Spike Lee, basta mandarli mentalmente a quel paese, parlando con sè stessi. Mandando a quel paese anche noi stessi, se necessario.

E allora comincio: a quel paese quelli che indossano le all star con il risvoltino ai jeans anche se fuori fanno -10°C e i pinguini ti fanno ciao un pò come le caprette di Heidi. A quel paese gli ignoranti presuntuosi, e quelli senza personalità che sono come l'acqua, si adattano al loro contenitore: se vanno con gli intellettuali, diventano intellettuali, se vanno con i drogati, magari iniziano a drogarsi, se vanno con i napoletani iniziano ad ascoltare Gigi d'Alessio oppure vanno coi metallari e, non avendo mai sentito una canzone metallara, il giorno dopo hanno capelli lunghi e unghie smaltate di nero. E poi, obiettivamente, i metallari... a quel paese li manderei talmente tante volte che tutto il post non mi basterebbe. Io li detesto proprio, la vita me ne ha dato ampio motivo. Detesto quel loro voler a tutti i costi tenere capelli lunghissimi anche se hanno una stempiatura da fare invidia a Maurizio Crozza, detesto il fatto che si sentano fighi con un trucco addosso che farebbe paura al killer di Profondo Rosso (per chi non l'avesse visto, lo consiglio veramente).
Detesto la loro costante convinzione di essere maestri di musica, anche quando magari non hanno mai sentito un pezzo di Chopin e non distinguono Mozart da Beethoven. E come i metallari detesto i Rapper, detesto i loro pantaloni calati fino alle ginocchia e le mutande di fuori, detesto il cappellino sempre presente a schiacciare una massa informe di capelli, detesto "Yo - Ya - Sorella". "Io non sono tua sorella, per fortuna non sono neanche una tua lontana cugina, altrimenti sai le botte."


A quel paese gli hipster, con tutti quei vestiti firmati e la barba lunga sei metri. Che cavolo, non siete Christian Goran, non gli somigliate neanche lontanamente e fate veramente cagare. 
A quel paese le ragazzine che a tredici anni si atteggiano come se ne avessero venticinque, vi vorrò vedere a venticinque, e divertirmi a vedervi rimpiangere gli anni più belli dell'adolescenza, persi per essere state troppo stupide e troppo, passatemi il termine, mignotte.
E allo stesso modo mando a quel paese quelle quarantenni, ma ancora peggio cinquantenni, che non si rassegnano all'età e continuano a comportarsi come se di anni ne avessero sedici e non avessero ancora scoperto che oltre alla passione iniziale c'è l'amore, e oltre all'amore l'affetto e la possibilità di una vita insieme. 


A quel paese ci mando anche i nerd incalliti, non quelli che sanno di essere nerd e si divertono ma sanno comunque quando è troppo, io quelli li apprezzo, e molti miei amici sono così; io dico a quel paese quei nerd che piuttosto che una bella ragazza scelgono un bel gioco della playstation, che anzichè divertirsi, quando fanno i cosplay, sono seri, perchè travestirsi con carta e cartone è una cosa seria e guai a te se li critichi. Manderei a quel paese in mille modi possibili quei nerd che si sentono fighi e che, in un locale già nerd di suo, si alzano e cominciano a ballare musica celtica, convinti di saperlo fare bene, ma in realtà fanno solo fare una figura di merda a te, che magari per una cattiva sorte, sei li nel loro stesso tavolo. Potrei continuare ancora a lungo, ad elencare le categorie umane, ma la verità è che io odio le categorie per definizione stessa. Perchè odio quelli omologati, odio quelli che apprezzano una cosa solo perchè va di moda. Questi, tutti questi, li mando allegramente a quel paese, tutti insieme.