mercoledì 27 dicembre 2017

Cosa desidero dal 2018 e quali buoni propositi ho (e non rispetterò)?

Io non ho mai creduto a Babbo Natale, nessuno mi ha mai preso per il culo travestendosi da Nonno rosso, con la barba finta e la panza, dandomi dei regali palesemente fatti dai parenti. Non ho mai scritto, per questo, una letterina a Babbo Natale, sperando e pregando che realizzasse i miei desideri, mia madre ha sempre saputo perfettamente cosa poteva farmi piacere e lo ha sempre messo sotto l'albero o lo ha fatto mettere dalle mie zie e dai miei parenti. Quindi non ho mai promesso alla stella cometa che sarei stata buona, per non avere il carbone nella calza della Befana

Tuttavia, ogni anno, a fine anno tiro le somme di quanto mi è accaduto, per dire se l'anno è stato buono o meno, se avrei potuto fare di più o meno, per sapere cosa sperare per l'anno a venire e per fare dei propositi (che puntualmente non rispetto).

Quest'anno avrei voluto mettermi a fare sport, o comunque pensare al mio fisico - e non l'ho fatto - quindi vorrei provarci per l'anno a venire, ora che la stabilità si è un po' fatta strada nella vita mia e del mio fidanzato. (Mi vedo già il 31 dicembre 2018, se sarò viva, con la schiena a pezzi a dire esattamente la stessa cosa mentre mi sfondo di pandoro con la crema).

Vorrei riuscire ad essere più tollerante col prossimo, meno nervosa, più "rilassata". Vorrei riuscire a sorridere anche nelle situazioni in cui solitamente perdo le staffe. 

Vorrei trovare un po' più di tempo per me stessa, per concedermi qualche piacere, o semplicemente per pensare a me, non prendendo ogni impegno come una costrizione, ma vivendolo con maggiore elasticità. Vorrei riuscire a viaggiare. Vedere posti nuovi, esplorare e conoscere il mondo. 

Vorrei imparare, acculturarmi, leggere ogni giorno il giornale o quanto meno sapere cosa accade nel mondo per essere al passo col mio coltissimo fidanzato. Vorrei, soprattutto, ricordarmi dove si trova Domodossola. Una malattia che mi ha contagiato la mia collega ed amica Ilaria. Lo impariamo, ma dopo un mese, puntualmente, dobbiamo andarcelo a cercare. Abbiamo capito però finalmente, che si trova al Nord.

Passando ai desideri, dico già da subito che mi limiterò a quello che ritengo realizzabile, perchè credo sia scontato desiderare una montagna di soldi, possibilmente una montagna di euro viola (da 500). Oppure un camper, oppure uno Yacht, oppure una casa sul mare, oppure una villa in Sardegna. O ancora il teletrasporto. Soprattutto il teletrasporto.

Limitandomi quindi a ciò che penso di poter veramente ottenere, dico che vorrei provare ad avere una casa un po' più grande, ma più che per la casa in se, semplicemente per metterci dentro un armadio enorme ed una scarpiera, così il mio fidanzato non potrebbe più lamentarsi delle mie scarpe ovunque. 

Vorrei che i mezzi pubblici funzionassero bene, evitando così di rischiare la vita ogni mattina. Si, lo so, avevo detto solo cose realizzabili, ma questo devo esprimerlo per forza visto che è una costante della mia vita e potrei anche non riconoscermi se non lo esprimessi o non mi lamentassi del fatto che non funziona niente.

Vorrei fare un bel viaggio, una bella vacanza, magari con tutto pagato... o quasi!

Ovviamente, vorrei una salute di ferro per me e per tutti i miei cari, animali compresi. E soprattutto voglio l'amore che già ho, e che spero continui ad essere così bello ed intenso.

Buon anno nuovo a tutti.

martedì 26 dicembre 2017

Il Natale Ritrovato

Quest'anno la febbre del Natale mi ha preso in maniera diversa, forse perchè non avevo l'ansia di partire (anche se avevo l'ansia di un arrivo, quello di mia madre). Quest'anno non ho fatto millemila regali con angoscia e fretta, sono uscita un pomeriggio e ho comprato tutto, con estrema calma, e sono riuscita anche a fare regali belli, a mio avviso.

Tra l'altro, ogni anno, il Natale veniva vissuto da me con estremo entusiasmo e dal mio fidanzato come una "commercialata" inventata per fare spendere soldi alla gente. Non voleva fare l'albero, non gliene fregava niente degli addobbi (mentre io adoro le lucine, i festoni, gli alberi e le piante rosse). Quest'anno invece è successo qualcosa di straordinario. Il mio fidanzato è stato improvvisamente contagiato dalla febbre del Natale e ha comprato un albero meraviglioso di 2,10 metri (ed a differenza di Spelacchio, questo è vivo e vegeto, anche perchè è di plastica e probabilmente resterà con noi per tanto, tantissimo tempo). Ha comprato anche un sacco di decorazioni splendide, addobbando tutto l'albero. E anche due alberelli piccoli. In pratica la nostra casa è diventata il Cocoricò di Riccione.

Ci sono luci dovunque, palle dovunque, festoni e decorazioni dovunque. E la cosa mi ha reso estremamente felice. Ma non credo lo abbia fatto solo per me, credo che la cosa abbia reso felice anche lui, inaspettatamente. Quindi questo Natale sarà un Natale diverso, un natale in cui entrambi abbiamo voglia di festeggiare, un Natale in cui siamo riusciti a mettere i nostri reciproci regali sotto l'albero senza darceli in anticipo senza un minimo di sorpresa (anche se uno gliel'ho già dato, ho dovuto, ne valeva della nostra salute. E' la Mokona Bialetti, come potevamo aspettare ad usarla?).

E poi è successa anche un'altra cosa, che per un momento mi ha fatto credere di aver perduto il Natale. Mi ha fatto pensare che non sarei potuta essere felice e che sarebbe stato un disastro. Quando siamo arrivati nel casale di campagna dove avremmo passato le feste, il nostro amato gatto non c'era. Non era mai successo che non lo trovassimo da quando - sei mesi fa - era arrivato da noi. La cosa peggiore è stata che non solo non c'era quando eravamo arrivati, ma che mancava da giovedì, quando il vicino - come di consueto - era venuto a dargli il mangiare. Non si è visto per tutto venerdì. Sabato mattina, dopo una notte quasi insonne, mi sono svegliata sperando di ritrovarlo fuori dalla porta. Invece non c'era, così mentre la speranza andava affievolendosi, ho dovuto fare la spesa e pensare a cosa mangiare. Perchè qui c'è mia madre, e mia madre, da quando mi ha detto che sarebbe venuta a trovarmi, non ha fatto altro che dirmi che dovevamo fare la spesa e cosa cucinare. Una volta arrivata invece non ha fatto altro che cucinare. Abbiamo avuto giusto un'ora di riposo durante il giorno, perchè la mattina si alzava e cucinava, e alle 16,30 scoccava l'ora e iniziava a preparare la cena. Dopo cena, si discuteva su cosa preparare l'indomani per pranzo.

Fatto sta che il sabato sera, mentre cenavamo, quando ormai ero diventata il Grinch, quando il mio ragazzo è andato fuori a tagliare il pane gli ho sentito chiamare il nome del Gatto. Ho pensato che lo stesse chiamando, nella speranza che lo sentisse e quello arrivasse, invece era già li. Questo è stato il più bel regalo che questo Natale potesse farmi. Era perduto ed invece è stato ritrovato, lui con il gatto, con la felicità.

La notte poi è andato di nuovo via, ma il 24 a pranzo, mentre tutti, i miei e i genitori del mio fidanzato in una prima ed unica occasione, iniziavamo i festeggiamenti del nostro natale è tornato. Ho capito che ha sicuramente una fidanzata, la sera si allontana, non senza rimorso, perchè ama moltissimo anche me, ma poi all'alba ritorna.

E così anche questo Natale se lo semo levato dai... no scherzo, questo Natale avrei voluto non finisse mai.




venerdì 15 dicembre 2017

Come (non) sono diventata un ingegnere

Difficilmente parlo di me, di fatti personali o di avventure fantastiche che risalgono alla mia vita precedente Roma. Ma ieri sera - davanti a due kg di sashimi - ho fatto una promessa ad una mia amica. Io avrei scritto questo post e lei ne avrebbe scritto uno su una sua fantastica - e assurda - avventura. Quindi mentre aspetto di leggere il suo, mi accingo a mantenere la mia parte di promessa. 

Come qualcuno di voi saprà, io stendo sempre un velo pietoso sulla mia carriera universitaria, sia perchè ci ho messo una vita, sia perchè ci ho rimesso la salute. Non tornerei a studiare neanche se per farlo mi pagassero e - davvero - ho una stima profonda di coloro che riescono a studiare e a cui piace farlo. Io non sono così, ho sempre vissuto la scuola come una tortura. Vi direte che ero sicuramente una di quelle scarse che venivano bocciate, invece non lo ero affatto, ma se essere un po' intelligenti basta alle elementari, alle medie, e perfino al liceo classico, all'università questo non basta. Specialmente in una facoltà come ingegneria. Ci vuole spirito, forza d'animo, impegno e costanza. Tutte cose che io, lagnusa (per capire cosa significa leggere qui...) come sono, tendenzialmente non ho mai avuto. Almeno per lo studio. Al contrario, quando mi mettevo a fare qualcosa di pratico o lavorativo (venendo pagata, per quanto poco) davo il massimo di me. E' per questo che dopo 8 anni (si, avete letto bene) di vita sprecati a fare la triennale di ingegneria, quando mi è stato chiesto "ma fai la specialistica?" mi sono fatta una sana e grassa risata. E dopo un anno di lavoro e un gruzzoletto, ho fatto armi e bagagli e ho lasciato la mia città per Roma. 

Ad ogni modo, ripensando a questa carriera, ieri, mentre parlavo con la mia amica, ho dato le tre motivazioni per cui non sono riuscita a laurearmi in tempo. La prima, come detto su, è che ero fondamentalmente lagnusa. Il primo anno ho dato solo una materia e consideravo che bastasse leggere una pagina di un libro ogni tanto per prepararmi per gli altri esami: in pratica, ho preso un anno sabbatico, ma considerando che avevo fatto la primina, e quindi ero uscita dal classico con 18 anni freschissimi, mi sono detta che non era nulla di grave. La seconda è che avevo accanto una persona che anzichè invogliarmi e dirmi che ce la potevo fare, mi buttava giù. Essendo lui un fallito, non mi stupisce la cosa, adesso. Ma allora ero piccola, stupida, e pensavo che gli altri fossero tutti migliori di me. La terza, e soprattutto è stata la terza, ho beccato lo scoglio, e non sono riuscita a superarlo (per un sacco di tempo). Ed è questo scoglio l'argomento del post: il mio esame di matematica 1. Nelle altre facoltà conosciuta e nota come "analisi matematica 1". 



Mi ero incaponita a non voler andare dalla professa a ricevimento, perchè ero convinta che lei non mi facesse passare l'esame perchè a sua volta si era incaponita verso di me (ed un po' era vero). Ho dato l'esame così tante volte che ho perso il conto, disperatamente mi presentavo ad ogni appello finchè - avendo dato tutte le altre materie per cui questa non era propedeutica - ho pensato che non avrei più potuto continuare. Ho pensato di mandare tutto a fanculo, di buttare alle ortiche anni di fatica... e beh, ho pensato di fare qualsiasi cosa, piuttosto che continuare a provare a superare una cosa che non avrei mai potuto superare. Non mi importavano le suppliche di mia madre di tornare sui miei passi. Io, quando mi ci metto, sono più testarda di un mulo, motivo per cui quest'occasione fu una delle poche, forse l'unica occasione, in cui mia madre e mio padre si allearono alle mie spalle.

Mia madre convinse mio padre ad andare a parlare con la professoressa per capire quale fosse il problema, e, come quasi sempre accade, la professoressa cadde preda del fascino di mio padre, tant'è che non fu necessario usare - come preventivato nel caso in cui la mano buona di mio padre non avesse funzionato - quella cattiva (e non vi dico quanto cattiva) di mia madre. 

Così, presa alla sprovvista da mio padre che mi supplicò di non fargli fare una figura di merda con la professoressa, andai a ricevimento, ma non un paio di volte. Se dovevo fare una cosa di cui non avevo la minima voglia, la dovevo fare a modo mio e scassando i cabbasisi alla prof. il più possibile. Così mi presentai ogni giorno alle 9,00 nel suo studio per un mese di fila fino all'esame. Il giorno dell'esame il mio nome inizialmente non fu annoverato tra quelli che passarono. Dopo una pausa di circa un minuto, in cui io ero già morta, seppellita, col funerale fatto e l'epitaffio scritto sulla lastra di marmo, disse che ero passata anche io con QUASI SUFFICIENTE. Non potrò scordare mai la faccia che fece dicendo il mio nome in ritardo (e ve la lascio immaginare) 

Venne il giorno dell'orale, a Palermo soffiava il Phon. Il vento caldo e sabbioso del deserto. Di solito con 45 °C e il cielo giallo denso di sabbia, non si esce di casa. Io invece ero a sciogliermi e tremare al tempo stesso per fare il mio beneamato esame orale di matematica. Non ero mai arrivata a quel punto.

La professoressa mi chiese delle cose che era certa che io sapessi e poi guardò il mio libretto. Nel vedere il 30 in fisica 1, mi chiese se per caso ce l'avessi con lei per qualche motivo. La guardai con tanta voglia di ucciderla, ma dissi un diplomatico "ma no professoressa, affatto" e mi diede 24. Nel frattempo, a casa, mia madre aveva finito circa tre kg di ciliegie, facendosi venire un cagotto potente e trattenendo a stento l'infarto.

L'incubo era finito. Dopo quell'esame mi laureai, tesi compresa, in un anno e mezzo. Dando circa 10 materie nel tempo in cui non ne erano previste più di 7.

Ed ora faccio la segretaria, bella svolta, eh?

lunedì 11 dicembre 2017

Tutti i modi in cui ho rischiato la vita per prendere i mezzi pubblici

Molti pensano che prendere i mezzi pubblici sia una cosa normale, anche più sicura che andare in macchina, ma chi come me ogni giorno si ritrova nella giungla metropolitana, sa che sono innumerevoli le insidie che gli si presentano innanzi. Ho deciso quindi di stilare una classifica (una delle mie adorate classifiche) su i modi in cui, da quasi quattro anni a questa parte, ho rischiato di perdere la vita (io e chi era con me) più spesso, prendendo i mezzi pubblici di Roma, tralasciando ormai il consueto "allarme bomba" e "rischio attentato" che è diventato routine.




1) Un grande classico, non poteva che stare al primo posto: morire investita. Ma anche in questo caso ci sono diverse sottocategorie:
- investita da un autobus (che passa senza fermarsi o che parte senza che ti abbia visto supplicare in ginocchio davanti alla porta ormai chiusa);
- investita da un tram (che sfreccia a velocità sulle rotaie mentre tu le attraversi nel tentativo disperato di prendere la corsa anche se sei in ritardo);
- investita da una macchina (mentre ti butti in strada correndo disperatamente nel tentativo di raggiungere la fermata, prima che l'autobus riparta).

2) Morte per botta e trauma cranico. Va chiarito che le cadute possono avvenire per tanti motivi, ma principalmente il motivo della caduta è uno: corri per prendere l'autobus o il tram che tipicamente chiude le porte quando ti vede, inciampi e fai qualche passo in aria prima di precipitare nel vuoto (questa è la specialità di una mia amica, con cui condivido la sfiga dei mezzi pubblici). E' ancora viva, per inciso, ma non sappiamo come.

3) Morte per asfissia. Anche questo è un grande classico, un ever green, un old but gold e chi più ne ha più ne metta. Ma va precisato che il periodo più frequente per questa morte, non è - come spesso si pensa - l'estate, ma l'inverno. Quando all'esterno ci sono cinque gradi e ti copri come se stessi andando in Lapponia a portare a mano la lettera a Babbo Natale, e poi entri - quando va bene - sulla metro, dove il tuo è un minuscolo spazio vitale in cui in teoria non entrerebbe neanche ant-man, a circa diecimila gradi. Ma tu ci entri, fai amicizia, perchè a quella vicinanza con gli altri non ti restano molte alternative. O fai amicizia, o prendi a morsi la gente. E siccome la seconda mi fa molto schifo, mi limito a sorridere e chiedere scusa. E soprattutto, a sudare. Sudi, ti fai una sauna, dimagrisci dieci kg, giubbotto, maglione, canottiera e pelle diventano un unico indivisibile strato, così quando finisce quella sfrenata corsa, dopo diecimila crisi isteriche e tentativi di spaccare un vetro e fuggire, se sei ancora viva, arrivi al tipo di morte n. 4...

4) Morte per congestione. Perchè, come dicevo, arrivi che sei tutta sudata, che stai dentro un bagno turco a diecimila gradi, che la tua pelle non è più semplicemente pelle, e quando scendi fuori, ci sono gli adorabili 5°C della partenza, che allora ti sembravano insopportabili, mentre adesso li accogli come un norvegese che va in Sicilia a Novembre. Giubotto aperto, sciarpa tolta, mento alto per fare entrare bene gli spifferi, e ti ritrovi in poco meno di 10 minuti, senza voce, col mal di pancia, probabilmente il cagotto e se tutto va bene, un febbrone da cavallo che i 40°C sono per principianti.

5) Morte per decapitazione, amputazione, etc. Questa credo sia una di quelle morti che almeno una, due volte, abbiano rischiato tutti quelli che si muovono usando i mezzi pubblici. Soprattutto quando i mezzi sono pieni, che lo spazio vitale, non è affatto vitale. E' un loculo dove ci entrano si e no le ceneri. Resta sempre fuori un braccio, una gamba, la testa. Oppure si corre e si prende il mezzo mentre le porte si stanno chiudendo. Quest'ultima cosa, in particolare, non la faccio più da quando è successo il tragico incidente nella metro alla signora Natalya Garcovic (qui per leggere la notizia), che però dimostra che ho ragione e che questa è una delle cause di morte sui mezzi pubblici (la signora per fortuna non è morta, ma è viva per miracolo ed è stata gravemente ferita, con fratture multiple che l'hanno portata sulla sedia a rotelle. N.d.a.).

6) Dulcis in fundo: omicidio. Il modo più certo per morire sui mezzi pubblici, è essere ucciso da qualcun altro. Ultimamente l'odio verso chiunque, verso chi spinge, verso chi sale prima, verso chi scende piano o si mette davanti alla porta pur non dovendo scendere non facendo salire sull'autobus anche se dietro l'autobus è vuoto, sta dilagando e contagiando il mondo. Personalmente credo che prima o poi ucciderò quelli che mi alitano addosso, o quelli che mi spingono senza neanche chiedere permesso, o, ancora di più non si spostano quando sono io a chiedere permesso, quindi sappiate che, se non sarò io a morire, sicuramente finirò in prigione.

E ricordate che se avete rischiato la vita in altri modi che non sono questi, potete farmelo sapere e io avrò cura di ampliare la classifica (ma mi auguro per voi che non sia così).




giovedì 7 dicembre 2017

Dicembre: com'era e com'è.

Dicembre, come giugno, è sempre stato un mese piacevole, almeno per me. Io ho sempre amato il Natale, le feste più in generale. In Sicilia, del resto, Natale dura dalla vigilia dell'Immacolata - oggi - al 6 gennaio. Dal 7 Dicembre si da inizio alle danze, ci si siede a tavola e non ci si alza più. Poi c'è il 13 Dicembre. Quanto mi manca il 13 Dicembre, Santa Lucia. Ogni mattina del 13 mia madre si alzava presto, andava dalla nonna e prendeva la cuccia per tutti, cuccia di cui io puntualmente mangiavo solo il cioccolato fondente a pezzi sopra, lasciando tutto il resto. 


Per non parlare delle Arancine. Con l'A maiuscola, si. E soprattutto con la E finale, perchè, e so che quest'aspra diatriba non si chiuderà con il post che sto scrivendo, le arancine sono "fimmine" e non c'è obiezione che tenga. E soprattutto, nessuna arancina è buona come quella palermitana.
E anche a Palermo stesso, ci sono arancine e arancine, e tradizioni e tradizioni. Ad esempio, con mia madre è tradizione prendere le arancine allo Zodiaco, il bar storico del quartiere di mia nonna, anche se ogni anno ci troviamo un difetto nuovo. Con mio padre, invece, è tradizione prendere le arancine al bar Alba, che non credo abbia rivali purtroppo. Poi ci sono i fan dell'arancina bomba del bar touring. Io credo che potrei morire con un'arancina di mezzo kg, ma c'è chi ce la fa e a loro va tutta la mia stima. 
In tutto questo, siamo solo al 13 dicembre, non siamo neanche a metà del percorso, e io, normalmente, avevo già preso 15 kg.


Quest'anno siamo al 7. Anzichè festeggiare e abbuffarmi da qualche parte sono sola con il mio fidanzato nella nostra casa di campagna. Ho un bel camino acceso, la tv che fa da sottofondo, ed io sono felice perchè finalmente riesco a scrivere. Non c'è male, vi direte, e me lo dico anche io. Ma il punto non è oggi, il punto è dicembre, il punto è che non è lo stesso, che il 13 mangerò di tutto, senza rispettare la tradizione, non mangerò 86 arancine fino a scoppiare e probabilmente non perderò 10 euro giocando a 7 e mezzo coi miei cugini.

Andrebbe bene lo stesso, anzi, per certi versi sarebbe pure meglio questo dicembre qui, a Roma. Non ingrasso, ho una casa stupenda in campagna dove ritemprare anima e corpo e soprattutto, sto con il mio amatissimo fidanzato. E' bellissimo, si. 

Però, da quando lavoro, dicembre è diventato il mese più incasinato del mondo. C'è la chiusura d'anno, ci sono i data base da aggiornare, gli automatismi da cambiare, le lettere di auguri da trasmettere agli associati, i regali di auguri da fare ai colleghi, agli amici, ai parenti, all'esecutivo e così via. Questo oltre al lavoro ordinario. E quindi non ho un attimo di respiro e quello che normalmente è stressante, diventa di improvviso un inferno. 

Inoltre probabilmente ero un ghiro in un'altra vita. O un'orsa. D'inverno io vorrei andare in letargo sotto il piumone e uscire solo quando la temperatura esterna è di nuovo come minimo pari a 20°. Invece no, mi devo alzare alle 7,00 del mattino, con una bellissima temperatura di 2° circa. Così, quando mi lamento con mia madre, lei mi risponde che a Palermo ci sono 16 gradi e le è pure spuntato un fico d'india in terrazza... e io vorrei urlare!



Insomma, per farla breve...dicembre non è più tra i miei mesi preferiti, anzi, è tra i mesi più stressanti, però amo il Natale, amo le feste, amo il cibo e le lucine colorate, amo fare i regali ai miei amici, parenti e al mio fidanzato e questo, certamente, non cambierà mai. Inoltre quest'anno dovrei avere un regalo tutto speciale che ancora non dico per scaramanzia. Quindi, aspettate, perchè avrò per voi altre notizie.
E nel frattempo, forza TEAMPANDORO!

martedì 28 novembre 2017

Prendere la macchina per andare a lavoro: ecco cosa non farò mai più.

Dopo la settimana più lunga della mia vita (per leggere di cosa parlo potete cliccare qui), ho avuto bisogno di una pausa altrettanto lunga prima di ricominciare a scrivere, ma questa settimana ho delle belle occasioni per farlo. Innanzi tutto mi sono ritagliata lo spazio, che non è sempre facile avere, per scrivere, in secondo luogo questa settimana è venuto a trovarmi mio fratello, che è il mio cuore. Del rapporto con mio fratello parlerò magari in un altro post, perchè in questo, volevo parlarvi di oggi, e della nuova esperienza che ho fatto.

Vi starete immaginando chissà quale nuova cosa ho provato - che belle cose che ho fatto, no? E invece come al solito è tutto molto deprimente, molto sfigato e molto isterico.

Ho preso la macchina per andare a lavoro. In realtà non l'ho presa esplicitamente per andare a lavoro, consapevolmente, con questo intento. Ma mi ci sono ritrovata praticamente costretta. Tutto è nato dal fatto che il mio fidanzato oggi aveva una importante presentazione all'università, e doveva essere alla Sapienza alle 9:00. Io lavoro ai parioli che sono a 25 minuti di tram da li, quindi pensavo di andare con lui fino alla Sapienza e poi proseguire col tram. Di solito facciamo così, quando usciamo insieme. Facciamo la colazione insieme e poi via, in macchina. Stamattina però mi ha colto di sorpresa, mentre io stavo comodamente facendo colazione al bar con cappuccino e saccottino al cioccolato, mi ha detto che eravamo ancora in anticipo visto che avremmo preso la metropolitana. Penso mi abbia letto in viso il puro terrore, tant'è che mi ha subito detto che se volevo avremmo preso la macchina. A questo punto dovete sapere due cose:
a) io ero convinta fossero le 7:45, mentre erano le 8:05.
b) se avessi saputo di dovermi portare la macchina io, ad un certo punto, non avrei mai acconsentito.
Però ho detto "scegli tu". Ancora una vota deve avermi letto la supplica in faccia perchè, sicuramente contro ogni suo presupposto, ha optato per la macchina, rendendomi immediatamente felice. La felicità è durata molto poco. Il traffico era talmente tanto che siamo arrivati in ritardo al Verano e non c'era neanche un posto, così il fidanzato mi ha guardato e mi ha detto "vai, portati la macchina io devo scappare". Mi veniva già da piangere, ma il peggio doveva ancora arrivare.

Faccio tutto viale Regina Elena, viale Regina Margherita e viale Liegi, arrivando ai Parioli. E a quel punto dovevo cercare parcheggio, ho girato per circa 25 minuti invano, trovando poi finalmente posto sotto l'ufficio. Ma non vedevo la colonnina, allora la trovo, ma ovviamente, lontanissimo, vado per mettere le 4 euro, ma ne avevo solo 3,50 e così il bigliettino che è venuto fuori valeva fino alle 13:13.


Alle 13:30 avevo appuntamento con mio fratello, scendo, corro a prendere un altro biglietto, stavolta metto 4 euro (forse non serviva, ma intanto ce li ho messi, avendo un parcheggio pagato fino alle 10:30 di domani mattina, alla modica cifra di 7,50), torno alla macchina e mi accorgo che la colonnina distribuisci ticket era dietro di me... ho trattenuto una bestemmia, si erano fatte le 13:45 e ovviamente al ristorante dove eravamo andati a mangiare (attenzione, una tavola calda, perchè siamo poveri e i ristoranti ai Parioli non sono avvicinabili) c'era una fila che arrivava al Pigneto e quando ci siamo seduti a mangiare erano già praticamente le 14:00 e metà della mia pausa era andata a farsene benedire.


Ora il divertente viene stasera, che con la macchina e al buio, da sola, dovrò tornare a casa. Sappiate che vi ho voluto bene.

lunedì 13 novembre 2017

La settimana più...lunga della mia vita!

Avrei voluto dire che è stata la settimana più brutta, ma poi si sa... il karma ti punisce e cerca di ricordarti che c'è sempre chi sta peggio e che - soprattutto - al peggio non c'è mai fine. Quindi mi limiterò a dire che è stata una settimana - quella passata - tremendamente lunga. 

E' iniziata domenica, quando per andare a Palermo per una urgenza familiare, ho preso un aereo Ryanair che doveva portarmi a casa alle 18,30. Avevo un appuntamento e dovevo assolutamente arrivare entro le 19,30. Ho pensato che un'ora bastasse come range di sicurezza... che ingenua!
Ovviamente domenica mattina mi sveglio con il diluvio universale. Non pioveva così tanto a Roma da un anno circa, quando arrivo in aeroporto c'era il caos più totale, tre aerei che dovevano partire dal mio stesso gate si erano accumulati con un ritardo di circa due ore. Ero sicura che non sarei partita, anche per via degli avvisi in ogni schermo "A CAUSA DEL MALTEMPO MOLTI VOLI POTREBBERO SUBIRE RITARDI" in rosso, grande, che io, fortunata come sono ero sicura che non avrei disatteso queste aspettative. Ciononostante ci fanno imbarcare con solo mezzora di ritardo, che per qualche istante ho pensato: dai, ogni tanto Gesù si mostra e mi vuole bene. 
Salgo sull'aereo, mi seggo, e... niente, mi seggo. Sono rimasta seduta su quell'aereo per un'ora e mezza, con mio padre che stava attaccato al cellulare perchè io non facevo altro che scrivergli "stiamo partendo.... no aspetta, tra 10 minuti... ecco ecco... no no aspetta".

Fatto sta che arrivo a Palermo per le 20:25, giusto 5 minuti prima di poter chiedere il rimborso per il ritardo di due ore, ma vabbè... quanto meno ero arrivata, e anche se con due ore di ritardo sono riuscita comunque a fare quel che dovevo. Poco male, a Palermo c'erano 22 gradi, che io col maglione di lana pensavo quasi di morire e mi sono goduta una bella serata col mio gatto. L'indomani mattina mi sveglio con il diluvio universale. Ah! La mia solita fortuna! 
Mi dico che va bene così, la temperatura scende un pò, ma almeno se piove così oggi, domani, che devo prendere un altro aereo per tornare a Roma, si sarà calmato.

Ho passato una notte d'angoscia, un mattino d'angoscia e un pranzo che mi ha fatto veleno. Mi era, nel frattempo, venuta anche la mia solita gastrite cronica, che faccio un passo e mi manca il respiro. Ero veramente in condizioni pietose quando sono arrivata in aeroporto martedì alle ore 16,00, dovendo partire alle ore 17,00. 

Tutti i voli diretti a Roma con Ryanair, ma non solo, antecedenti al mio, erano stati cancellati o avevano un ritardo di circa 4 ore. Il mio no: dicevo che era impossibile, tra me e me pensavo che era una fortuna troppo grande riuscire a partire mentre ancora quelli delle 15,40 aspettavano il loro aereo per partire - se tutto andava bene - alle 19,05. 
Quando hanno annunciato un ritardo di 25 minuti ho pensato che sarebbe finita anche troppo bene, un po' come all'andata, che avrei preso un aereo e aspettato due ore, ma sarei comunque arrivata a casa... e invece, col cazzo!

Concedetemi una volgarità, lo dico sempre che dovrei imparare a bestemmiare, perchè la scorsa settimana, forse più di una bestemmia mi avrebbero fatto bene.

ANNUNCIO RITARDO: "il volo delle 17,05 per Roma Fiumicino è stato dirottato per Catania, non sappiamo quando riuscirà a rientrare a Palermo, restate nelle vicinanze perchè non appena avrò notizie dalla Ryanair sarà mia cura avvertirvi..." E sparisce! Cioè, letteralmente, abbasso gli occhi, li rialzo e lo stuart non c'era più. Mi metto a parlare al telefono con il mio fidanzato, che faceva un pò come mio padre, aspettava disperatamente mie notizie. E piangevo anche, visto che ero così, abbandonata all'aeroporto, senza sapere di che morte sarei morta. 

Ma poco dopo, direi una mezzora, forse di più, non saprei dirlo visto che ad un certo punto ho perso la cognizione del tempo, è arrivata la sorpresa: il volo Ryanair FR... delle 17:05 diretto a Roma Fiumicino partirà alle ore 22:05.... COOOOOOOOSA?!

Ero ad un passo dall'autoambulanza, per citare Margherita Bui in "maledetto il giorno che t'ho incontrato". Quindi sono corsa, mentre piangevo al telefono con mia madre e con il mio ragazzo, in biglietteria, per vedere se c'era un volo l'indomani mattina con Ryanair per partire con calma, visto l'orario terribile. La risposta è stata "il prossimo volo disponibile è giovedì". COOOOOOSA?! (bis). Ho pensato che non c'era altra soluzione: andare a casa, cenare e tornare in aeroporto per partire la sera, ma Dio mi ha trattenuto perchè neanche 25 minuti, 2560 imprecazioni, un paio di bestemmie, uno stomaco in meno e qualche malattia cronica in più dopo, mi è arrivata la comunicazione della CANCELLAZIONE del volo

Mi sono sentita mancare, ho pensato che sarei morta in aeroporto. Il tempo di correre al chek-in, capire cosa fosse successo e che il tizio non poteva aiutarmi, che la biglietteria, la stessa dove prima avevo sentito che il prossimo volo disponibile era giovedì, aveva una fila di trecento metri. Mi metto pazientemente in fila, tralascio chi supera, c'era già sufficiente agitazione e sufficienti bestemmie nell'aria e stavo già sufficientemente piangendo per mettermi a fare altra polemica. Quando arrivo al mio turno, il prossimo volo disponibile con la Ryanair era per sabato mattina (la gente non lavora?! e chi non abita a Palermo come fa? Dorme in aeroporto per una settimana? O l'Albergo chi lo paga?!). Un volo per Roma, con altra compagnia - leggasi ALITALIA - era disponibile solo l'indomani sera alla modica cifra di 495 € più tasse aeroportuali. Dopo un mancamento e altri due litri di lacrime, ho guardato il tabellone e ho letto Napoli. Ebbene si: Napoli mi ha salvato la vita. 
Ho preso il primo volo per Napoli dell'indomani mattina. 

Il tempo, il mercoledì (in tutto questo eravamo arrivati solo a mercoledì anche se sembravano ventisei anni), sembrava quasi accettabile, ma io, traumatizzata com'ero, guardavo in continuazione il sito dell'aeroporto di Palermo con gli aggiornamenti in tempo reale delle partenze. Dovevo partire alle 8,15 e invece siamo partiti alle 8,30 per un ritardo dei bagagli da imbarcare, su un aereo così piccolo che sembrava un pulmino delle elementari, con due file di due poltrone. 

Ho scoperto che il volo Palermo - Napoli dura esattamente quanto Palermo - Fiumicino, nonostante sia più distante. Atterro quindi alle 9,30, non riuscendo ad arrivare in stazione entro le 10,05, quando c'era il treno Freccia Rossa per Roma. E vabbè... (pensare a chi sta peggio, sempre). Resto in stazione un'altra ora, prendendo la seguente Freccia che partiva da Napoli ed era diretta a Torino, arrivando a Roma dopo un'ora, alle 12:10.

Dopo qualche minuto in stazione, a guardare fissi i numeri dei tabelloni e a vedere che non compariva ancora il binario del mio treno mentre i treni precedenti erano in ritardo di mezzora... ho cominciato a tremare. Ho cominciato a pensare che non sarei mai più partita, invece ecco il treno alle 10:45, al binario davanti a cui lo aspettavo, l'unico vuoto... bene. Sono posizionata nella carrozza 8A... comincio a camminare lungo il binario 8B, 7B....4B... aho, il treno sta per finire!
Chiedo al capotreno, e mi dice carinamente "uagliò, hanno unito due treni, eh fai prima ad arrivare a Torino a piedi"... grazie, molto gentile: in pratica ero nell'ultima carrozza dell'ultimo treno, del c.... di C... Ci provo, ma non ci riesco a bestemmiare, anche se farebbe bene.

Raggiungo morta, dopo 10 minuti di passeggiata sul binario, la mia carrozza. Mi raggiunge il capotreno con la macchinetta: "e se me lo dicevi ti davo un passaggio, signorì"...
Devo fare una parentesi: i Napoletani ti danno della ragazzina, sempre, mi chiamavano signorina, sempre, mai una volta ho sentito "signora", motivo per cui a loro vanno tutti i miei sentiti ringraziamenti, però aggiungo: MA IO L'AVEVO DETTO CHE CERCAVO LA CARROZZA 8A!!!

L'ho guardato sconsolata, sono salita sulla carrozza e ho pensato che quell'incubo stesse finalmente per finire. 

Se siete arrivati a questo punto della lettura, vi ringrazio e credo che penserete che non si può essere così sfigati, invece, se continuate a leggere, capirete che si può essere anche più sfigati di così. 

E scusatemi, di solito non scrivo così tanto, ma quando dico che è la settimana più lunga della mia vita non scherzo, di conseguenza penso che questo sia il post più lungo della mia vita.

Vi risparmio, quindi, ulteriori dettagli: arrivo a Roma, incredibilmente in orario, era il compleanno del fidanzato quindi cerco di riposarmi, per poi essere pimpante per la festa, ci riesco solo parzialmente, dopo che avevo dormito pochissimo e alle 22,30 ero già cotta.

L'indomani vado a lavoro: ovviamente i mezzi non mi assistono e arrivo a lavoro per un pelo. Penso che non devo lamentarmi, che tanto venerdì c'è sciopero e quindi andrà solo peggio. E infatti...

Venerdì scorso è stato un inferno, c'era sciopero generale, quindi non soltanto non c'erano mezzi, ma neanche treni, pullman, nulla di nulla e Roma, in queste situazioni, diventa l'inferno. Il caos più assoluto.

Mi alzo presto, non faccio colazione per prendere il tram che parte alle 8,00 e arriva sotto l'ufficio da me. Lo sciopero iniziava alle 8,30 e quindi il tram avrebbe dovuto finire la sua corsa, e lo avrebbe anche fatto se non si fosse rotta, a piazza Galeno, quindi a circa 45 minuti a piedi dal mio ufficio, la linea elettrica e un tram era fermo davanti nella mia direzione. Risultato: il tram si ferma, gli autobus sono in sciopero (perchè nel frattempo erano le 8,50) e io resto li. Comincio ad allungare la mano ad ogni taxi che arriva, uno si ferma ed una signora prova a fregarmelo. Io, in queste situazioni, dovete sapere, che divento una bestia priva di pietà. Chiarisco alla signora che quel taxi lo avevo prenotato io e mi infilo in macchina, vengo accerchiata da signore che volevano prenderlo con me, e pure quella che aveva tentato di fregarmelo, solo che quella andava da un'altra parte. Dopo una notevole insistenza l'ho caldamente invitata a scendere, visto che non partiva per colpa sua. E si è offesa, e mi dispiace. (Non è vero).

Risultato, dopo aver speso non so quanti soldi di aerei, taxi e treni non previsti, mi sono dovuta prendere anche un taxi per arrivare in ufficio, spendendo altri soldi, per fortuna pochi visto che ho diviso il passaggio con un'altra signora, questa gentile e comprensiva.

Comunque, la giornata a lavoro è stata stressante, piena di impegni che ad un certo punto non sapevo se sarei uscita alle 16,00, ma si era svoltata positivamente, così ho detto al mio fidanzato di venirmi a prendere, che, come sempre, partivamo per direttissima in direzione di Montenero, dove abbiamo un bellissimo casolare in campagna. Ma le disgrazie non viaggiano mai da sole e io, a quel punto, ne ero così consapevole che ero rassegnata all'inevitabile: il mio fidanzato resta bloccato per mezzora sul lungotevere, quando si sblocca è costretto a tornare a casa perchè aveva dimenticato gli occhiali, nel frattempo io, con lo sciopero, riesco a prendere un tram limitato verso un punto imprecisato. Quando scendo vengo salvata da un altro tram che lo seguiva, col risultato che arrivo a casa solo alle 17,30, da li, parto col fidanzato verso Montenero: oh, Dio, finalmente... e invece, anche stavolta, col cazzo!

Restiamo bloccati per strada per la bellezza di DUE ORE. Non ci abbiamo mai messo tanto per arrivare li. Ricordo di aver pensato che mi sembrava di essere in viaggio da sempre, di non essermi mai fermata e che non sapevo cosa poteva capitare di peggio. Di peggio niente... solo che stamattina un albero è caduto sulla linea tram, e per poco non dovevo prendermi un altro taxi! Porcap...!!!






lunedì 6 novembre 2017

La fobia dell'aereo...

Per una che prende i mezzi pubblici ogni giorno, probabilmente l'aereo dovrebbe essere un mezzo anche piacevole, soprattutto se lo si prende di rado. Ma ciò non avviene per me. Dovete sapere, perchè una premessa in questo caso è d'obbligo, che io, prima di iniziare le mie fantastiche avventure fisse a Roma, vivevo fantastiche avventure da pendolare. Sono nata, vissuta e cresciuta a Palermo. E mai avrei potuto pensare che per cinque anni della mia vita, dai 23 ai 28 (a fine del 2014 mi sono trasferita a Roma) avrei preso l'aereo in media una volta al mese. E invece così è stato, e solitamente ogni volta che prendevo l'aereo succedeva qualcosa, un ritardo, una cancellazione, una tormenta di neve, lo sciopero... in tutti questi anni, con tutti gli aerei persi e le ore passate ad aspettare in aeroporto, ho sviluppato una vera e propria avversione verso questo mezzo di trasporto, tant'è vero che tranne estremi casi, ovvero quando devo arrivare in poco tempo in Sicilia, e l'aereo resta comunque il mezzo più economico e rapido, lo evito come la peste. D'estate per esempio tendo a viaggiare in auto, o in nave, avendo più tempo. 

Ho sviluppato, più che un'avversione, una tremenda fobia. Quando salgo sull'aereo io inizio a fare mille segni della croce, a pregare, e al decollo tengo puntualmente gli occhi chiusi. Non posso guardare fuori dal finestrino, se non so che stiamo atterrando e quindi vedo già il terreno che mi fa pensare "dai, adesso è proprio difficile che sbaglia qualcosa e si muoia", ma per tutto il resto del volo io ho l'impressione di poter morire da un momento all'altro.

Domenica ho dovuto prendere un aereo per venire a Palermo, è stata una cosa abbastanza urgente e quindi non ho potuto evitarlo. Per altro, domani dovrò tornare e quindi ne prenderò un altro (due aerei in due giorni sono la cosa più atroce del mondo). Considerando che avevo deciso che questo inverno, proprio per la mia fobia, non avrei preso alcun aereo, era ovvio che dovesse capitare qualcosa che invece mi costringesse a farlo, e non solo: non avendo piovuto da aprile, era ovvio che il giorno in cui io avrei dovuto prendere l'aereo si sarebbe scatenato il più grosso nubifragio della storia, che "Catrina, spostati, non fai paura a nessuno".


E quindi voli cancellati, attacchi di panico ovunque, ritardi di due, tre ore, gente che urlava, chiedeva il rimborso, piangeva e io in mezzo, che pregavo perchè avevo il volo alle 17,30 e speravo di arrivare entro le 19,30. Ci fanno imbarcare miracolosamente alle 18,00. Quindi con già mezzora di ritardo rispetto all'orario del volo, ma nel panico generale, pensavo mi fosse andata bene, se non che ovviamente, appena esulto un momento, arriva Dio a ricordarmi che non me lo posso permettere, perchè non ho fatto la brava bambina questa settimana... probabilmente ho augurato troppo spesso la morte a due o tre persone. Comunque salgo sull'aereo, mi prendo il posto, avverto mio padre che doveva disgraziatamente venire a prendermi alle 18,30, e inizio a pregare: ho pregato per un'altra ora e mezza seduta su quell'aereo, perchè erano le 19,25 quando ha decollato e io ormai facevo venire giù le madonne, oltre alla pioggia e alla grandine, perchè ovviamente, mentre a Roma il mal tempo passava, ero certa che qui a Palermo stesse arrivando, e la differenza sostanziale è che se a Roma c'è mal tempo l'aereo atterra lo stesso, qui invece no. 

Per fortuna è atterrato perchè non pioveva ancora, anzi, faceva un bel caldo. Ho pensato "com'è bello, sembra primavera" con ben 7 gradi di differenza rispetto a Roma. E ovviamente stanotte si è scatenato il diluvio anche qui, facendo scendere la temperatura di circa sei gradi... io non mi smentisco mai!

Domani dovrò tornare a Roma, l'aereo dovrebbe decollare alle 17,00 e le previsioni dicono che ovviamente inizierà a piovere per le 16,00. Sappiate che vi ho voluto bene, se non dovessi farcela.

mercoledì 1 novembre 2017

Com'è bello il ponte... quando se lo prendono gli altri.

Il 2017 è stato un anno pieno di bei ponti, ancora non sono finiti, e anche nel 2018 ce ne saranno di interessanti. La prima cosa che la gente pensa quando ci sono dei giovedì o dei martedì di festa, solitamente, è "che bello, allora cerco di accaparrarmi il lunedì o il venerdì di ferie così faccio 4 giorni di riposo". Bene, bello, beati loro. Bene, bello, beata io, che invece la prima cosa che penso è "Che meraviglia, speriamo che se lo prendano tutti questo ponte, così arriverò a lavoro puntuale senza correre e i mezzi saranno vuoti" ed infatti, la maggior parte delle volte, così è! 



Come ad agosto (come vi accennavo qui...), nel periodo invernale di feste, durante i ponti, la città, chissà come, si svuota. I mezzi pubblici risultano anche quasi piacevoli, c'è sempre spazio, c'è sempre posto! Partono tutto sommato puntuali, e dopo giorni frenetici dove quasi ho rischiato di soffocare, è veramente un sollievo.

Per cui è da un pò di tempo che - a parte ad agosto quando le ferie sono obbligate (Yu-uh 😒) - non prendo mai i giorni di ponte. Oltre che per il fatto che in giro non c'è nessuno, anche in ufficio, tendenzialmente, non c'è nessuno: o meglio, restiamo in pochi sfigati, per cui si lavora con molto meno stress, con molta più calma e credetemi: io ho bisogno di calma, essendo una isterica pazza quasi per tutto il tempo della vita. 

Quindi ho deciso che lavorerò sempre durante i giorni di ponte, anche se questo vorrebbe dire tornare meno a casa. Si, perchè i ponti lunghi di solito mi facevano tornare a casa, ed erano belli per questo, li aspettavo agognandoli, segnando sul calendario dell'anno dopo tutti quelli che avrei potuto prendere, ma quest'anno ci sono state due novità, la prima è che ho deciso di prendermi i giorni di meritato riposo proprio per riposare, e non durante i giorni in cui fa comodo agli altri, come avevo fatto fino a questo momento, e la seconda novità, che è anche la più tenera, è che questa estate in campagna è arrivato un gatto: era uno scheletro e pensavamo che non ce l'avrebbe fatta; ora è un grosso gatto di circa cinque kg tutto fusa e amore, e dobbiamo (ma soprattutto vogliamo!) prenderci cura di lui, quindi il weekend si torna in campagna dal nostro micio. 

E niente, detto questo: domani lavoro (appunto), ma faccio mezza giornata e prego il Santo dei mezzi che mi dia tanta gioia, ovvero li faccia passare più o meno puntuali, e più o meno vuoti (ma non ci scommetterei). Buon Ognissanti a tutti, e mi raccomando, un pensiero a tutti i morti che avete voluto bene. 

mercoledì 18 ottobre 2017

Se ci fosse mio nonno...

Certe mattine vorrei avere lo spirito di mio Nonno. Vorrei svegliarmi col suo carattere e fare passare quattro, cinque minuti di puro terrore a quelli che mi circondano. Starete pensando che mio nonno era una persona orribile, cattiva, dopo aver letto quanto appena scritto. Ed invece no, mio nonno era la persona più adorabile del mondo, ma anche la meno paziente che io abbia mai conosciuto. 

Una premessa su di lui è d'uopo, in questo caso. Lo stile di vita di mio nonno, si riassume sostanzialmente nel fatto che con certe persone "prima ci puosi ru buoffe, e poi c'arraggiuni", che significa sostanzialmente che con certa gente, prima di provare a ragionarci, è meglio dargli un paio di sonori schiaffi, così da svegliarli e fare capire loro quale sia lo stato delle cose. Anche se di peggio, c'erano quelli con cui non valeva nemmeno la pena di sprecare fiato. 

Io sono cresciuta con mio nonno, e vi garantisco che era una persona dolcissima, di intelligenza sopraffina. Un siciliano doc, che è nato e cresciuto negli anni trenta a Palermo. E tu, ad un siciliano doc degli anni trenta, puoi pensare anche lontanamente di rompere i "cabasisi"? Direi di no, per questo ribadisco: era adorabile, ma per nulla paziente. 



E penso che se mio nonno, adorabile per com'era, fosse venuto a stare a Roma, e fosse stato costretto - come lo sono io - a prendere ogni giorno i mezzi pubblici, forse adesso sarebbe in prigione a finire di scontare il suo quinto ergastolo. Ogni tanto penso che questa sarà la fine che farò io. Al Regina Coeli per aver gridato in faccia a qualcuno di lavarsi le ascelle o di sputare la chewingum o di smettere di respirare, molto più semplicemente. Oppure per aver ucciso qualche autista che ha deliberatamente deciso di non fermarsi, o come ieri, di chiudere le porte prima di farmi salire, rischiando di spezzarmi un polso. E invece no, neanche ieri sono finita in prigione, non l'ho nemmeno insultato. Nonno perdonami!

C'erano delle cose che mio nonno non tollerava proprio (non come me che non tollero praticamente nulla), mentre per il resto avrebbe fatto carte false per amici e parenti, rischiando tutto. Per esempio, a mio nonno, neppure per scherzare, si poteva toccare la faccia. Una volta - e credo non fu l'unica - massacrò suo fratello perchè, mentre tiravano di boxe, quello gli diede un pugno in faccia. Voi direte "ma se tirava di boxe..?" e infatti! Ma c'era il tacito accordo che i pugni andavano bene ovunque, ma non in faccia, perchè quello lo faceva rosicare tantissimo.
Pensate cosa sarebbe successo se durante il tragitto che compio io ogni mattina, nel salire sul 3 (tram) a S. Giovanni, qualcuno lo avesse spintonato o gli avesse dato una gomitata in faccia. Apriti cielo, scende Gesù, Giuseppe e la Madonna, nel tentativo di placare l'animo di mio nonno. 

Se non lo riuscite a pensare, ve lo dico io: oltre a mio nonno, su quel tram, sarebbe rimasto solo l'autista, e forse neppure quello. E se pensate che esagero, lasciate che vi racconti anche questa: mio nonno e mia nonna salgono sul bus, mia nonna incinta di otto mesi. Ai tempi, sui bus, si saliva dietro e si scendeva obbligatoriamente davanti. Non c'erano santi. Ma quel giorno il bus era troppo pieno, e mia nonna era troppo incinta (si, anche ai tempi i mezzi erano sempre pieni, questa cosa, in tempo e luogo, non è cambiata), così mio nonno chiese all'autista di aprire dietro per farla scendere. In un primo momento l'autista disse di si, poi, arrivati alla fermata, disse che non era possibile. Mio nonno si fece spazio tra la folla facendo passare mia nonna e la sua enorme pancia fino all'apertura davanti. A questo punto chiunque avrebbe lanciato qualche bestemmia contro l'autista, qualche bell'insulto come solo noi siciliani sappiamo fare, qualche "curnutu" condito con altri apostrofi nient'affatto gentili. Invece, oltre a tutto ciò, mio nonno è sceso, ha messo in sicurezza mia nonna, ha fatto il giro del bus, e ha tirato giù l'autista dal finestrino. Il resto è storia, vi assicuro che l'autista non si sarebbe più permesso di non fare gentilmente scendere una signora incinta dalla porta di dietro. 




E vi assicuro che chiunque, quando c'era mio nonno, non si sarebbe mai permesso di mancare di rispetto a nessuna di noi. Mi sentivo così sicura quando lo avevo accanto, e poi era così bello: un incrocio tra Clint Eastwood e Jack Nicolson. Ma, ecco, non era paziente, e non sapete quante volte vorrei non esserlo neppure io. 

Non è che pretendo di andare in giro a tirare fuori gli autisti dai finestrini, o di picchiare la gente non appena mi sfiora. Come detto, mio nonno era un uomo d'altri tempi, però mi piacerebbe camminare avendo la certezza che nessuno s'azzarderebbe mai a sfiorarmi. Incutere il giusto timore reverenziale negli altri, ed essere al tempo stesso amato e voluto bene, come lo era lui. Perchè a Pallavicino - il quartiere dove mio nonno è nato, cresciuto e vissuto - tutti lo conoscevano, rispettavano e gli volevano bene. Ed io forse, più di tutti.



mercoledì 4 ottobre 2017

Ogni tanto una gioia, anche bella grande...

Qualche giorno fa ho scritto un post sul karma, dove spiegavo esattamente come funziona questa brutta bestia, almeno nel mio mondo (qui trovate il post). In quel post scrivevo quanto il karma serva a farti venire crisi di panico, ma allo stesso tempo, ti ripaga delle buone azioni. Nel mio caso queste sono davvero poche, per cui mi ritrovo sempre a perdere gli autobus, a cadere, a sbattere da qualche parte. Nonostante ciò non smetterò mai di insultare la gente stupida che incontro, ATAC su tutti, ma questo è un altro discorso.

Smetto di divagare e vado al punto: a volte sembra che il Karma ti stia facendo pagare tutte le colpe del mondo, anche quelle non tue. Sembra che la legge di Murphy valga solo per te e che tutte le disgrazie vengano a bussare insieme alla tua porta organizzando un piccolo party (neanche tanto piccolo). In realtà, io sono convinta, e lo sono sempre stata, che nulla accada per caso, che ci sia sempre una spiegazione ad ogni fatto della vita, ed anche questo è il karma, in qualche modo. Hai fatto delle buone azioni, e la vita ti ripaga in un modo che neanche ti aspetti. All'improvviso, quando tutto sembra andare storto, ecco che i tuoi sogni si realizzano.

Questo è quello che ci è successo un mese fa circa, o meglio è successo al mio fidanzato, ma è comunque una felicità per entrambi. 

E' successo che ha deciso di tentare la domanda di dottorato, nonostante fosse convinto che non sarebbe mai riuscito a passare, che si sa "passano solo i raccomandati o i geni". E lui non è sicuramente raccomandato, ma è ancora meno convinto di essere un genio. Dovete sapere che il mio fidanzato, e non lo dico solo perchè è l'uomo con cui spero di passare il resto della vita, oltre ad essere la persona più dolce del mondo, ha anche la tendenza a credere che tutti gli altri siano più bravi di lui. Ed io invece non faccio altro che ripetergli che se lui raggiunge gli stessi obiettivi degli altri - con un pò più di tempo - ma concedendosi anche la libertà di studiare meno (poco meno) e prendendosi la libertà di giocare una sera alla playstation o di stare con me (che sono una bella scassaballe), allora vuol dire che è molto più intelligente degli altri. Io ne sono convinta al 100%. Non faccio che ripetergli che è una fortuna che io stia con lui, che è così intelligente, perchè altrimenti sarei venuta su magari credendo che "quando c'era lui" si stava meglio (Dio ce ne scampi).



Insomma, per farla breve: tutte le domande che ha fatto sono andate male, ha tentato a Firenze, niente... a Teramo, niente, a Torvergata niente... quando pensavamo di aver perso le speranze e nel pieno della disperazione, l'unica domanda che restava (e che non voleva fare "perchè tanto è impossibile") era quella della Sapienza. Ho insistito affinchè ci provasse. Quella era la sua università, lui c'è tanto affezionato, così si è convinto. Ed è proprio l'unica che l'ha accettato. Ha fatto lo scritto, ed ancora non riusciva a convincersi di avere qualche possibilità, anche se era arrivato tra i primi venti, su cento che ci avevano provato. Ha fatto l'orale: disperato. Convinto di essere andato malissimo. Vi risparmio i dettagli e vi dirò semplicemente che è arrivato quinto, vincendo il dottorato con borsa di studio. 

Perchè vi racconto tutto questo? Perchè la vita a volte ti premia, premia i tuoi sforzi, le tue preghiere, il tuo studio, il tuo sudore, perchè non è sempre "mai na gioia", ogni tanto una gioia c'è e a volte è anche bella grande. Ma soprattutto vi racconto tutto questo perchè voglio che lui sappia quanto lo amo, quanto sono orgogliosa di lui. Glielo dico ogni giorno, ma io non sono brava con le parole e questo post è il modo migliore che ho di dirglielo. E ora gliel'ho detto.