domenica 29 marzo 2015

Tutte pazze per le borse.


A tutte piacciono le borse, è innegabile, un po' come le scarpe o la Nutella, ma, da quando prendo i mezzi pubblici, ho scoperto una inconfessabile verità sulle nostre adorate borse: che siano accoppiate o meno alle scarpe, a bauletto o da shopping, di qualsiasi colore o marca, "la loro misura è direttamente proporzionale alla quantità di gente che c'è sul mezzo"
Vado ad esplicare: se sul mezzo c'è un botto di gente, le donne avranno borse giganti, se invece il mezzo è semivuoto si vedranno donne con borsette innocue e grandi quanto un portafoglio.
Se non mi credete vi basterà prendere i mezzi per una settimana di fila e vedrete che il teorema risulterà scientificamente dimostrato. Io che prendo i mezzi da un mese e mezzo circa, non ho più bisogno di dimostrazioni, ormai. Ho solo certezze.
E un'altra certezza è che: più è piccola la donna più è grande la borsa, e se una borsa sola non basta ne hanno due, a volte anche tre.
Un giorno ho visto una signora, probabilmente filippina, alta circa un metro e quaranta che aveva uno zainetto sulla schiena una borsa in una mano ed una shopping bag nell'altra e, credetemi, non stava andando a fare la venditrice ambulante.
Io stessa mi sono ritrovata ad avere due borse: una per le mie cose ed una per il pranzo. Io stessa ho avuto difficoltà per la grandezza della mia borsa, a volte mi sembrava troppo grande, a volte troppo piccola, una via di mezzo l'avevo trovata ma non sempre si accoppiava con ciò che indossavo.
E' anche vero però che una borsa grande è una salvezza a volte. Ti fa da scudo, ti protegge da quelli che si infilano e spingono a tutti i costi, dagli uomini con la panza che si sentono sarde e si mettono dietro di te senza accorgerti che con quella panza enorme ti spingono. Dai cretini che credono di potersi appoggiare nel tuo stesso angolo e invece no, c'è la borsa. E così via...
A volte penso che la soluzione migliore sarebbe uno zainetto, ma, oltre alla paranoia del furto, mi sono dovuta ricredere quando ho visto salire sul tram ragazzi e ragazze con gli zaini talmente grossi che sembrava stessero partendo per fare free climbing. 
Quindi no, se non si vuole uccidere qualcuno con lo zaino, decisamente meglio la borsa, meglio se messa in basso e meglio se di misura media. 
Ma sarebbe meglio ancora che l'unica borsa presente sul tram fosse la mia, sarei decisamente più felice.


mercoledì 25 marzo 2015

Cuore, batticuore... Mi è sembrato disentire "controllore" "controllore"

Nanaah.... Nanananaaah... 
In realtà c'è ben poco da cantare, anche se a qualcuno la botta d'adrenalina e la tachicardia potrebbero anche piacere!
Oggi infatti vi racconterò di come ho scoperto che timbrando il biglietto sull'autobus poi non dovevo farne uno nuovo in metropolitana.
Se pensate che sia stupida ricordatevi però che vengo da Palermo e li non ci sono i tornelli per entrare in metropolitana, anzi, non c'è neanche la metropolitana se proprio la vogliamo dire tutta.
Tornando al fatto, era una delle mie solite mattine, cielo sereno, e tutto in regola. Come di consueto, mi trovavo sull'autobus che dal Ministero mi porta alla mia fermata della metropolitana, con il biglietto non ancora timbrato chiaramente. Ero, come sempre, in posizione tattica, vicina alla macchinetta per timbrare il biglietto, sempre prontamente a portata di mano, e vicino al finestrino che dava sulla fermata. 
Ad un certo punto, in lontananza vedo due uomini vestiti uguali in quella che evidentemente era una divisa. Ho cominciato a tremare, a sudare freddo e a soffrire: mancava una sola fermata prima della metropolitana e dovevo bruciare 1,50 € di biglietto. Mi piangeva il cuore, ma, se non l'avessi fatto, a piangere sarebbero state le mie tasche. Così prontamente allungo la mano e timbro, un attimo dopo l'autobus si ferma e salgono due graziosissimi netturbini, che io, non so come, avevo scambiato per i controllori. 
La tachicardia c'ha messo un pò a svanire, anche perchè a quel punto avevo in mente di imbrogliare alla metropolitana e passare con qualcuno, senza fare il biglietto, tanto avevo quello appena timbrato.
In ogni caso, mentre facevo i miei piani diabolici, mi sentivo una vera idiota per aver scambiato netturbini con controllori ed essermi fatta prendere totalmente dal panico, ma avevo deciso di non rinunciare alla mia clandestinità.
Chi mi conosce sa quanto in realtà io non sappia essere "avventurosa" o "impavida". Sono una persona piuttosto semplice e amo le cose fatte bene e in regola, arrivo puntuale, o se possibile in anticipo, odio fare aspettare e soprattutto odio gli imbrogli. A questo si aggiunge il fatto che sono per natura maldestra. Fate due più due e immaginatevi come avrei potuto fare a passare dai tornelli senza usare il biglietto.
Ed infatti non è successo: arrivata al tornello, la gente che ero intenzionata a seguire per passare velocemente senza il biglietto, andava troppo svelta. Non facevo neanche in tempo a puntare qualcuno che questi era già dall'altra parte. 
Così, pregando che per qualche malsano guasto il tornello mi facesse passare lo stesso, ho infilato il biglietto già obliterato sul bus e ***MAGIA*** la spia si è accesa di verde ed il passaggio si è aperto, facendomi entrare in metropolitana. 
Ero così esaltata e convinta di aver fregato le istituzioni, così sicura di aver scoperto un bug del quale poter approfittare, che, parlando sottovoce, ho chiamato il mio fidanzato. 
Questi, forse perchè non lo sapeva neanche lui, o forse perchè non voleva rovinare quel mio momento adrenalinico e avventuroso, non mi ha detto nulla del fatto che il biglietto timbrato sul bus può essere usato per una singola corsa in metropolitana (entro l'orario stabilito dalla prima timbratura).
Quindi sono rimasta convinta di questo fin quando, davanti ad amici, il mio fidanzato non mi ha chiesto di raccontare la mia avventura, e così ogni mio sogno di complotto e spionaggio è andato in frantumi. I miei amici con un sorriso mi hanno fatto presente che è normale, e che potevo sempre fare il biglietto prima di salire in metro.
Da quel momento è finito il mio brivido. Non provo più il timore di essere scoperta e non c'è più nulla di avventuroso nel mio affrontare il cammino da casa a lavoro ogni mattina, se non consideriamo ovviamente le scolaresche, le puzze, la gente vestita di merda e quelli che mi guardano male, masticando chewingum nel mio orecchio. Niente, adesso faccio il biglietto subito e mi seggo, tranquilla e serena, aspettando solo di raggiungere la mia fermata...che vita!






lunedì 23 marzo 2015

Uomo bastardo


Sui mezzi pubblici ti capita anche di sentire storie e rivederti in quelle storie. A volte ti viene voglia di dare consigli, a volte semplicemente ripensi a com'eri e a come non vorrai essere mai più. Oggi mi trovavo come di consueto sul tram 3, per percorrere l'ultimo tratto di strada che mi porta a lavoro, direzione Parioi. Davanti alla porta, distante, ma non così tanto da non essere sentita, c'era una ragazza. Stava praticamente appiccicata alle porte, nonostante ci fosse spazio, il tono sommesso e basso, quasi fastidioso. Ma c'era una cosa più fastidiosa ancora del suo tono di voce: stava supplicando la persona con cui era al telefono, un uomo. 

Sono riuscita perfino a sentire il nome, tante sono state le volte che l'ha ripetuto. Magari starete pensando che sono una che si fa i fatti altrui e, in un certo senso, è vero perché istintivamente ascolto, tuttavia sono gli altri che non si risparmiano di far sentire i fatti propri a tutti. Se parli su un tram sai di avere gente intorno, o no?

Ma torniamo alla ragazza e alla sua supplica. Avrei voluto gridarle di smetterla, avrei voluto dirle che più faceva così, più lo pregava, più lui si faceva grande e forte e sapendo di averla in pugno, di certo avrebbe continuato a farla soffrire, facendo nel frattempo quel che voleva. Ho pensato a quando anche io ero così, ormai dieci anni fa. 

Un passato quasi sepolto e dimenticato ma senza il quale sicuramente non sarei quella di adesso, per questo, sentendo quella ragazza, che non poteva essere molto più giovane di me, mi sono sentita grata e al tempo stesso arrabbiata con lei. Voi vi direte: perché con lei se lo stronzo è lui? Perché semplicemente se non ci fossero donne che si sottomettono a certi uomini, permettendogli di usarle e maltrattarle come più pare loro, questi porci sarebbero costretti a cambiare atteggiamento o a crepare da soli!


domenica 22 marzo 2015

Sindrome da crocerossina.

Sono convinta che la gente con certe doti ci nasca. L'essere geniale, l'essere artista e anche l'essere naturalmente portato a far del bene con chi è meno fortunato di noi. Per quanto io sia sensibile alle sofferenze altrui e, quando possibile, faccia l'elemosina o aiuti le vecchiette o i vecchietti a passare la strada, non ho mai avuto la propensione a fare del volontariato. Non è mai nato in me, cioè, il desiderio di vivere facendo qualcosa di buono per gli altri. Ci sarebbe da vergognarsi lo ammetto, ma sono tremendamente sincera quando dico che probabilmente dopo un giorno in Africa morirei di ogni malattia possibile o anche semplicemente di stenti.
Quindi il mio piccolo lo faccio nella vita di ogni giorno, quando riesco, perchè guardandomi intorno ammetto che vedere gente molto ricca e molto fortunata che non fa un cazzo mentre io che non ho guadagni stabili do qualche moneta ai mendicanti, mi fa potentemente girare le scatole.
Vi starete chiedendo: ma tutto questo cosa c'entra coi mezzi pubblici di Roma? Eh beh, c'entra e come, perchè non avete idea di quello che si vede la sopra.
E se, come vi dicevo l'altro giorno, si incontrano le fighette col risvoltino e la borsa di prada, si vede anche spesso gente disperata, o comunque dall'aspetto trascurato. E questa gente mi fa nascere il desiderio di aiutarli. 
Ho cominciato a portarmi dietro pacchetti di fazzolettini, da offrire a chiunque tiri su col naso. Penso che mi porterò dietro saponette, da offrire a quelli che puzzano. 
L'altro giorno c'era una signora con due occhiaie così scure che pensavo si fosse truccata al contrario. Timorosa che potesse effettivamente essere così, non le ho chiesto nulla seppur fossi pronta ad offrirle il mio correttore e un corso di trucco mattutino.
C'è anche chi non riesce ad accoppiare due colori addosso, che mette il rosso arancio, con il celeste pastello. O il giallo evidenziatore con il rosa fucsia. In quei casi, mi piangono gli occhi e vorrei offrire delle mascherine da saldatore in giro, ma non avendole a portata di mano penso sia più facile distribuire consigli sull'accoppiamento dei colori a quei poveri soggetti.
Ogni santa volta arrivo li vicino, ma appena scorgo la loro faccia soddisfatta mi sento in colpa e capisco che quella gente non ha bisogno d'aiuto, perchè in fondo è felice così, nel loro "tasciume" (non chiedetemi di tradurre questo termine, non ne sono capace, non è un semplice "mal vestito". Il tascio è tascio, e può essere definito tale anche solo per un taglio di capelli o per come parla e mastica la chewingum). 
Così ogni mattina parto armata di buoni propositi e tanta voglia di fare del bene. Alla fine sono pochi quelli che riesco effettivamente ad aiutare, perchè, tra puzza e rumori molesti, riesco a mala pena a scendere viva dal mezzo, ma come si suol dire "l'importante è il pensiero", no?

mercoledì 18 marzo 2015

È questione di sguardi...

"Tu perché siamo qui
È questione di sguardi
È, ah... un attimo
Così, così magnetico
Così, così"


Così diceva la canzone di Paola Turci, ed io ogni mattina mi ritrovo a sentirla nella mia testa. 

Vi sarà sicuramente capitato l'imbarazzo di incrociare lo sguardo con un perfetto sconosciuto, no? Beh questo è un imbarazzo che sei costretta a rivivere in continuazione sui mezzi pubblici, tanto che ad un certo punto, ti trovi a superarlo. 
E' piuttosto normale che ci sia qualcuno o qualcosa che attiri la nostra attenzione. Nel mio caso, in particolare, vengo attirata dalla gente che parla, e che riesce ad ignorarmi. Mi sento al sicuro se non vengo mai guardata e così mi ritrovo a studiare queste persone, senza dimenticare di distogliere di tanto in tanto lo sguardo, soprattutto se mi accorgo che mi hanno notata.
C'è invece chi fissa e, nel caso particolare, fissa proprio me, senza sosta, senza motivo, e soprattutto con una gran faccia da culo.
Tra me e me comincio a chiedermi se ho qualcosa fuori posto, il rossetto sbavato, gli occhiali storti, i capelli dritti, le sopracciglia scomposte o qualcosa sul naso...No. Invece non ho proprio niente, ma per qualche motivo il signor ..."Fissatette..Fissatette... Fitzherbert, perchè è così che si chiama" (cit.), continua insistentemente a fissare la mia faccia.
A quel punto provo a ricambiare lo sguardo, pensando che il soggetto in questione, colto dall'imbarazzo di essere stato notato, abbassi o distolga lo sguardo, ma niente, continua a guardarmi e a quel punto si risveglia la Giorgia siciliana, quasi mafiosa. Mi sale nella gola, lo sento sulla punta della lingua: CHE MINCHIA CI TALII??!
Ma non posso, non posso per due motivi: attirerei anche tutti gli sguardi che mi stavano beatamente ignorando e in secondo luogo non penso che capirebbe. 
Quindi mi ritrovo a sospirare, a fare un lento movimento di spalle e ad inarcare con aria perplessa le sopracciglia. Non manca un leggero "mah" appena percepibile dal labiale e, se possibile, dopo essermi assicurata che il soggetto in questione abbia capito che mi fa piuttosto schifo, mi sposto. 
Sarà che comunque in Sicilia non ci sono molti mezzi pubblici, ma è anche vero che una cosa del genere non sarebbe mai successa. Perchè in Sicilia ti insegnano che non si fissa la gente, ma soprattutto perchè in Sicilia, a Palermo nello specifico, dal "che minchia guardi?" o dal "cerchi aggaddo?" alle mani, non c'è neanche il tempo di una risposta.


martedì 17 marzo 2015

Ogni scarraffone è bell'a mmamma soia!


C'è chi li ama, chi non può resistere alle loro voci angeliche e chi invece non li sopporta, e poi ci sono io, che li evito come la peste e ho anche un po' di paura: sto parlando dei bambini. Specialmente quelli tra i 6 e i 12 anni. Ho difficoltà ad interagire con loro, ho estrema difficoltà a metterli a loro agio, perché in fondo non sono neppure io a mio agio quando ho a che fare con loro. Ho una ritrosia naturale che mi spinge a stare loro lontana...almeno quando posso. E sui mezzi pubblici, quando sono belli pieni e belli gonfi, non posso. E non c'è lunedì o martedì mattina in cui non ci sia una fantastica (leggasi "fantastica" in modo chiaramente sarcastico) scolaresca sul mio stesso bus, o sul mio stesso vagone della metro, o sul mio stesso tram.
E così, quando sento il primo "Maessstraaaaa...qual è la nostra fermataaaaaa?" ho un brivido lungo la schiena ed inizio a sudare. 
Cerco irrimediabilmente di spostarmi dall'altra parte del mezzo, ma non ho via di scampo. 
E capita sempre che sono in ritardo, e che loro scendono alla mia stessa fermata. La maestra, da brava educatrice quali è, li fa mettere in fila a due a due... e potrei perfino apprezzare l'educazione dei bambini che rispettosamente si mettono a due a due, se non fosse che ovviamente la fila a due a due la fanno davanti a me, e non si separano per nulla al mondo, quasi fossero attaccati con SARATOGA, IL SILICONE SIGILLANTE (Brava Giovanna, brava!).
E così mi fanno inciampare, sbattere, fare il giro del mondo in cinque secondi, pur di superarli e riuscire ad andare all'altra fermata prima che arrivi l'altro mezzo che devo prendere. 
Quando penso di avercela fatta e aver superato la catena di sant'Antonio, peggio mi sento: al posto della scolaresca c'è la classe di liceo in gita d'istruzione. Vorrei morire.
Li guardo nella loro beata ignoranza. Li sento, masticare schifosamente chewingum e provarci l'un con l'altro, anche se in confronto Gollum è un bell'uomo.
Ormoni a mille, deficienza ad un milione! 
Anche loro, quasi sempre, scendono alla mia stessa fermata sempre dopo la classica frase di rito: "Professoreeeeeè, ma quanno se scenne?!?"
Che mi fanno davvero sentire la mancanza dei bambini, perchè crescendo hanno perso il senso della decenza, dell'educazione e anche della lingua italiana. Scendono in maniera scoordinata, spintonandosi tra di loro, e ovviamente, in mezzo, povera me, ci sono anche io, che riesco per un pelo a sopravvivere in quel turbine di ormoni e brufoli.
E poi, una volta che sono salva, seduta alla mia scrivania, mi chiedo: ma anche io ero così odiosa da bambina e deficiente da adolescente? 



sabato 14 marzo 2015

Venerdì 13.

Per alcuni il venerdì 13 è un giorno di sciagura, più del venerdì 17. Per me è semplicemente un venerdì come un altro, vado a lavoro, come ogni giorno. Se non sono troppo stanca la sera esco, ma di solito preferisco poi rilassarmi e restare a casa a guardare qualche film o qualche cosa in tv.
Per altri invece il venerdì è il terzultimo giorno della settimana e probabilmente aspettano la domenica per la famose pulizie... Lo so a cosa state pensando: anche voi aspettate la domenica, o più in generale il fine settimana per fare pulizie, anche io lo faccio. Il sabato è il giorno delle "lavatrici", la domenica invece delle pulizie di casa. 
Ma loro no, loro aspettano il fine settimana per pulire loro stessi, perchè è troppo faticoso farsi la doccia ogni mattina, e poi, c'è anche chi dice che lavarsi troppo fa male. Io invece dico, meglio ammalarsi che puzzare, perdinci!
E quindi se già normalmente la gente puzza, pensate il venerdì. Il venerdì puzza di più, puzza tantissimo, puzza da morire. 
Per quelli che ancora credono che ci sia "il giorno della doccia", il venerdì è il giorno della "puzza perfetta". 
Hanno accumulato sudore e sporcizia per cinque giorni, e non tutti (anzi quasi nessuno) fanno un lavoro per cui debbono stare seduti comodamente dietro una scrivania; si sono coricati nello stesso sudore e nella stessa sporcizia per cinque maledettissimi giorni! Arrivano il venerdì mattina fieri della loro puzza in metro e si appendono mostrando la loro aromatica ascella!
Io ci provo a tenermene lontana, ma sono ovunque, e quando riesco a distanziarmi e a sedermi, il "dottor Feto" mi si siede accanto!
Lo sconcerto è indescrivibile, ma più di quello sul mio viso si legge terrore puro, il terrore che sfiori i miei vestiti e che la sua puzza si attacchi addosso a me. 
Il panico si fa sempre più vivido, ma finalmente arriva la mia fermata! Finalmente... Insomma! Davanti a me c'è una quantità di gente indescrivibile, lenta, esausta e ovviamente puzzolente! E anche raggiungere la scala mobile è paragonabile ad una delle sette fatiche d'Ercole. Anzi è una delle sette fatiche di Giorgia

  • Arrivare in tempo alla prima fermata. 
  • Superare col tram il bus e riuscire a prenderlo alla seconda fermata. 
  • Riuscire a salire sulla metropolitana senza essere derubata, toccata, sfiorata e schifata. 
  • Riuscire a non picchiare qualcuno che mastica la chewingum nel mio orecchio.
  • Riuscire a non offrire il fazzolettino a tutti quelli che tirano su col naso. 
  • Riuscire a non farsi attaccare addosso la puzza d'ascelle e di piedi altrui. 
  • Riuscire a raggiungere la scala mobile ed uscire dalla metropolitana alla fermata Policlinico.
Di solito ci riesco, mi farò chiamare Ercolina.

Ah, quasi dimenticavo: auguro a tutti quelli che sono finalmente arrivati al fine settimana una buona doccia e soprattutto di perdere tutti gli autobus e i mezzi pubblici sui quali dovrò salire io, per il mio bene!



mercoledì 11 marzo 2015

La magia ha sempre il suo prezzo.

Credo di si, credo che si trattasse di magia, non c'è altra spiegazione: stamattina come mio solito, arrivo quasi in ritardo alla fermata del tram, ma, tra me e me penso che se il tram fosse passato in tempo, avrei recuperato. Non faccio in tempo ad abbassare lo sguardo che ecco che il fantastico tram arriva, ed io riesco a salire perfino senza dovermi schiacciare come una sardina, e, cosa più importante, senza che nessuno mi schiacci (a parte una tizia che mi ha pestato tutti e due i piedi qualche fermata dopo); non ho dovuto correre poi per prendere il secondo bus, anch'esso perfettamente coordinato al mio arrivo alla fermata; infine, al mio arrivo in metropolitana, il treno passa subito, vuoto, deserto. Non potevo crederci! 
Qualcosa di inspiegabile e tremendamente piacevole: tutto un vagone per me e altre due persone. Mi seggo comodamente senza dover lanciare sguardi in cagnesco a chi ha puntato il mio stesso posto, senza avere bisogno di appendermi per non volare fino alla fine del vagone, senza avere l'imbarazzo di dover infilare la mano tra le facce di due persone per appendermi da qualche parte. Ero tranquilla, libera da sguardi indiscreti. 
Alla fermata della stazione di Roma Termini solitamente la metro si riempie e invece oggi è rimasta meravigliosamente vuota. Non è salita un'anima. Sono arrivata in ufficio linda e serena, ancora profumata di doccia fresca, e, sinceramente, non avrei mai sperato potesse succedere. 
Eh si, doveva proprio essere magia. Una magia che ho pagato duramente al ritorno: esco più tardi da lavoro e ovviamente il tram non passa. Dopo lunghi, estenuanti, noiosissimi minuti finalmente ne arriva uno. Ovviamente non un tram nuovo, grande, spazioso, no. Arriva un tram degli anni 50. Piccolo, stretto, senza spazio nè per sedersi nè per stare in piedi. Quei pochi fortunati (si fa per dire) che sono riusciti a sedersi, hanno sopra di loro una sfilza di ascelle e di aliti pesanti, e quasi sempre nessuno dei due ha un odore gradevole. E visto che le disgrazie non vengono mai da sole, io chiaramente sono in piedi e seduto davanti a me c'è, come sempre, l'unico allegro del tram che fischietta. Ma, e qui viene il bello, non è la mia unica punizione, o per meglio dire, l'unico prezzo che devo pagare. Infatti è solo il primo di una lunga serie! Poco dopo, sullo stesso tram, e proprio dietro di me, colgo un inconfondibile "ci rissi". Quella che molti hanno sicuramente scambiato per una donna non esattamente italiana, proveniente da chissà quale terra straniera, era invece una giovane donna siciliana che si lamentava dei suoi problemi amorosi e familiari con la zia. La storia, nonostante il dialetto della ragazza, l'hanno capita tutti quelli che stavano, come me, sul tram, grazie al megafono incorporato nel l'apparato vocale della ragazza. Vi rendo partecipi, facendola breve: lei sosteneva che la suocera fosse gelosa del figlio - ovvero suo marito - e che quest'ultimo, dando retta alla madre, la trattasse male. 
E, francamente, trattandosi di una ragazza siciliana, di chissà quale paese, la storia non mi suona nè strana, nè inverosimile, anzi piuttosto comune.
Ma tornando alla mia punizione, dopo spintoni, puzze e fastidi, riesco finalmente a scendere dal tram per raggiungere la metropolitana. E qui, proprio dove stamattina c'era stata la mia meravigliosa magia, ho pagato il prezzo più alto: sono stata scambiata per un palo d'appoggio, solo dopo essere stata arrotata da una bicicletta, s'intende! Si, io riesco ad essere investita da una bici dentro la metropolitana. Perchè voi no?
Quindi, dopo aver avuto una ruota di bicicletta stampata sul jeans,  questo simpaticissimo signore sale sulla metropolitana e comodamente appoggia le sue spalle sulle mie. Non sono riuscita a vedere la sua faccia fino alla fine di conseguenza, essendo spalle contro spalle, sono riuscita solo a cogliere le dimensioni di questo omaccione e il fatto che fosse estremamente tranquillo, con le sue cuffiette e le sue braccia raccolte sotto il metto, a stringersi la borsetta nera. Sembrava quasi che non capisse come mai si trovasse in metropolitana, ma soprattutto come mai riuscisse a non cadere nonostante la metro si muovesse piuttosto velocemente. Quando finalmente sono riuscita a guardarlo in viso non ho avuto più tanti dubbi sul come mai non si fosse reso conto che era appoggiato a me, ma soprattutto ho visto sul suo volto il massimo dello stupore: il suo appoggio era venuto incredibilmente meno, la metropolitana frenava e lui, lui veniva sbalzato a destra... E li, ormai un'eroina, c'ero sempre io, convinta di essermela cavata e invece no: di nuovo palo pronto ad accoglierlo col suo dolce peso di 100 kg per un metro e novanta di altezza.
Quando finalmente esco dalla metropolitana, un pò ammaccata e scossa, e salgo sull'autobus verso casa, su cui trovo posto e che parte immediatamente dopo che prendo posto, mi convinco che ormai sia finita, penso di avercela fatta, mi convinco che il mio prezzo è stato pagato e posso muovermi verso casa senza altri problemi e senza timori. E sarebbe stato effettivamente così, se non fosse che qualcosa è successa in realtà. Qualcosa che mi ha lasciato come un vuoto dentro, un dubbio atroce, che penso non potrò mai togliermi: quell'essere con quei baffi enormi e quel cappello enorme con un fiore enorme alla destra, dai braccialetti sbrilluccicosi, anch'essi enormi, era un uomo o una donna?!


martedì 10 marzo 2015

L'amore non è bello se...

Sui mezzi pubblici la gente è solitamente triste, nervosa, gettata in discussioni sul lavoro o sullo studio, o tendenzialmente chiusa nella lettura o sul proprio cellulare, e, ad eccezione di quelli che per sfogare il nervoso solitamente masticano la chewing-gum vicino al mio orecchio (se vi interessasse oggi ne ho beccati due: uno per ogni mezzo che ho preso, dall'inizio alla fine del tragitto), questa tipologia di persone è quella che mi da meno fastidio. 
L'odio, il raptus omicida, la furia, il desiderio di morte, infatti, mi viene quando ho a che fare con le persone che sui mezzi pubblici sono allegre, felici, spensierate, come se fossero sedute da sole su una limousine a quindici posti con frigo bar e sedili in pelle di coccodrillo.
Ecco, queste persone sono per me come il colore rosso per i tori, come l'amplesso per un maschio di mantide religiosa, come una meteora per un dinosauro e potrei continuare con esempi sempre più catastrofici.
Se riesco ad ovviare al raptus omicida per quelli che fischiettano e canticchiano (come la signora che in questo momento - dopo una stancante giornata di lavoro dove ho pure sforato con l'orario di uscita - mi siede, guarda caso, accanto) mettendo le cuffie e la musica, non riesco invece in alcun modo a celare il fastidio che mi nasce come l'Uragano Kathrina, quando vicino a me c'è una coppia che si sbaciucchia felice. Il rumore delle labbra che sbattono è come una martellata diretta sul mio sistema nervoso, una morsa allo stomaco. E' come se il cervello mi vibrasse e il corpo, che deve eseguire i suoi comandi, tremasse di rimando. Sono certa di non porterlo nascondere, nè di volerlo in fondo. Perchè la faccia mi va a fuoco e perchè si, in fondo spero che la gente capisca di essere tremendamente urticante e si dia una regolata, ma di solito non è così, non capisce, e, anzi, giusto per aiutarmi a superare questa mia avversione al rumore delle labbra, di solito li incontro quando - come oggi - ho fatto tardi e sono stanchissima e devastata.
In questo caso non riescono a placare il mio odio profondissimo neppure le cuffie, neppure la musica a tutto volume, perché LI VEDO, e la loro vista mi da ancora più fastidio, vederli sbaciucchiare psicologicamente mi porta a sentire ancora quel tremendo suono, nonostante abbia Marcella Bella sparata nelle cuffie a tutto volume (se avete da ridire su Marcella Bella...beh, non me ne frega niente, a me piace, e quanto meno non la canticchio ad alta voce...tse!). 
Se qualcuno sta pensando "ma guarda questa stronza che non lascia due ragazzi innamorati liberi di baciarsi in pace", beh no, vi sbagliate di grosso, io non sono una frigida, non sono neanche fredda e insensibile, anzi, chi mi conosce sa bene quanto io sia romantica e passionale, ma qui non si tratta di amore, di romanticismo e neanche di passione, qui si tratta della mia sanità mentale messa a serio repentaglio da atti osceni (perché di questo si tratta, di oscenità, e di solito anche i soggetti presi a solo di bello non hanno proprio nulla) in luogo, anzi, in mezzo pubblico.


Il Diavolo veste Prada.

Si, perché, se è vero che sui mezzi pubblici si trova qualunque categoria di essere umano, la mia preferita resta sempre quella che "mi vesto figa e me ne vanto". Per intenderci, sono quelle col risvoltino e le Superga, che lasciano le caviglie scoperte anche se fuori ci sono cinque gradi e hanno le dita dei piedi ormai blu.
Sono quelle che anche se hanno addosso un jeans e una maglietta banali, ma che costano comunque più di tutto quello che hai addosso tu, la borsa è rigorosamente Furla, Louis Vouitton, Prada... Sono quelle che pur di fare vedere che il loro portafoglio è un gioiello dell'alta moda, lasciano la borsa aperta alla mercé di ogni potenziale ladro.
Ecco questa categoria per me supera anche quella del "mi vesto con tutto quello che mi capita a portata di mano, tanto sto sui mezzi, chi se ne fotte", che non è che sia proprio una categoria da sottovalutare eh! Perché a me, per esempio, me ne fotte e come: il lunedì mattina sono già abbastanza isterica di mio per dover mettere così esageratamente sotto stress il mio nervo ottico a causa dell'infelice idea di qualcuno di vestirsi senza il minimo senso del buongusto.
Quando mi capita seduta di fronte la signora di mezz'età in pelliccia, calza a rete e minigonna con un meraviglioso paio di scarpe da tennis dai lacci arancione fluo, posso fare solo due cose: cambiare posto o urlarle in faccia tutto il mio odio.
Solitamente, grazie al cielo, riesco a mantenere il controllo e a cambiare semplicemente di posto.
Ma a mio rischio e pericolo, perché, come si dice, a cambiare la strada vecchia con la nuova si sa cosa si lascia e non si sa cosa si trova...e io solitamente trovo una "signora col cappello".
Ecco, per finire in bellezza infatti, ci sono quelle col cappello. Ma non un cappello qualsiasi, non un cappellino sobrio atto semplicemente a riparare dal freddo mattutino romano, no! Sono cappelli degni del red carpet, enormi, che solo quelli occupano quattro posti in piedi, di quelli che quando la signora si gira, fa fuori mezzo tram. Sono cappelli pelosissimi, che sarebbero perfetti per un viaggio in transiberiana, di certo non per un percorso in mezzo pubblico a Roma. Cappelli che solo a guardarli mi viene prurito e inizio a starnutire.
Da quando prendo i mezzi, odio i cappelli.


venerdì 6 marzo 2015

Il dentista fa paura a tutti.

E' per questo che ultimamente la maggior parte delle persone, usa i mezzi pubblici come luogo per farsi la pulizia dentale. 
Non cito i masticatori di chewingum, perché sarebbe anche troppo scontato, ma dovrei. Non tanto perché hanno una qualche rilevante importanza, quanto perché la sottoscritta li attira come miele per gli orsi. Se c'è un qualsiasi essere umano dotato di mascella masticante, il suo posto è al mio fianco, possibilmente in piedi e con la bocca direttamente rivolta al mio orecchio.
Ovviamente, questo capita soprattutto quando ho dormito molto poco e i miei nervi sono a fior di pelle...ma torniamo alla pulizia dentale, quella approfondita ed accurata. Quella che a volte, per farla proprio al meglio, ti aiuti con le dita, e, ovviamente succhi tra i denti, tiri proprio come se li in mezzo c'avessi un tram di rifiuti da cibo (giusto per restare in tema). 
Poi ci sono quelli che fanno anche lo sbiancamento, e si sa che per avere denti belli bianchi è fondamentale tenere la lingua girata e poggiata sull'arcata superiore per almeno 20 minuti, mostrando il retro ovviamente a tutti gli altri presenti sul mezzo pubblico, che magari, come me, provano a dir poco schifo nel vedere il grigio del retro della lingua di chicchessia, figurarsi se è di qualcuno che ha appena scavato tra i suoi denti con le proprie dita sudicie.
E poi rifletti: quelli magari si sono tenuti nello stesso appoggio su cui ora sei appigliata tu, un brivido lungo la schiena ti coglie, togli la mano istintivamente e proprio li, in quell'istante, l'autista frena di botto. A quel punto ci sono solo 3 possibilità:
1) Percorri in una corsa sfrenata tutto il mezzo, arrivando direttamente a fianco dell'autista.
2) Ti schianti con qualcuno che è li davanti a te, pestandogli i piedi e trovandoti costretta a scusarti con chiunque si trovi nel raggio di tre metri da te.
3) cadi, ovviamente vicino alle porte, che si aprono, facendoti non poco male (oltre a quello della caduta).

In tutti e tre i casi, l'imbarazzo ti uccide e pensi che sia meglio fingersi morti, o più semplicemente fingere di essersi fatta tanto male da suscitare negli altri tenerezza ed istinto di protezione, piuttosto che ilarità... e tutto questo perché qualcuno ha pensato bene che usare lo spazzolino o il filo interdentale nella propria casa, la mattina prima di uscire, fosse troppo complicato.

Eh, che pazienza!



giovedì 5 marzo 2015

Mors tua vita mea


È così che funziona sui mezzi pubblici. Non importa se il tram o la metro è troppo piena o c'è una donna incinta in piedi e lo spazio è il minimo vitale, tutti sono estremamente convinti che ci sia sempre e comunque lo spazio per loro. E, ovviamente, ciò si accentua quando piove e nessuno è disposto a restare qualche minuto in più fuori per aspettare il mezzo successivo. 
L'apoteosi dell'isteria da pioggia e da posto sul tram si ha quando a scontrarsi, spingersi e insultarsi sono due finte bionde sui trentacinque, con una quantità di trucco sulla faccia che farebbe paura a Moira Orfei e delle orribili meches colore nero che, secondo loro, stanno d'incanto e sono tremendamente alla moda. 
La cosa divertente di quando si scontrano due femmine di questo tipo è il genere di battaglia verbale che si propone. 
Quando due maschi si insultano o si scontrano, finisce a cazzotti e il prequel sono insulti pesanti, qui a Roma tipicamente rivolti alle madri o ai propri morti. 
Quando invece sono due donne a ingaggiare scontro verbale, raramente si finisce a usare le mani. Si lotta a "chi è più tranquilla e a chi invece ha problemi". 

La discussione si svolge più o meno così: 

Femmina1 (da adesso F1) è già sul tram o è salita per prima. Femmina2 (da adesso F2) spinge F1 e riesce a salire sul tram.
F1: "signora non spinga non vede che non c'è più spazio"
F2: "io avrei più diritto di lei a stare sul tram, se si facesse un po più in là ci sarebbe spazio per tutti".
F1: "signora mi sa che ha qualche problema, perché siamo tutti schiacciati come sardine, dove lo vede lo spazio?
F2: "signora stia tranquilla, io problemi non ne ho."
F1: "guardi che sono tranquillissima, l'unica agitata mi sembra lei".
F2: "anche io sono tranquillissima, si guardi intorno, siamo tutti tranquilli."
(Tranne me che mi sono svegliata con la caldaia rotta, lavata con l'acqua fredda e seduta di fianco ad un cinese che puzza terribilmente d'aglio).
F1:"non mi pare"
F2: "allora come dice lei..(sarcasmo palese)."

Il tutto finisce così e si spegne con brevi borbottii del tipo "mah..che gente" fatti chiaramente in modo che l'altra li oda. 
E nel frattempo, il furbo di turno, che evidentemente fluttua e non ha i piedi piantati a terra, inizia a spingere e a chiedere di uscire ancora prima che il tram si fermi, e ovviamente, davanti, ci sono io!
Ecco... BUONGIORNO!

mercoledì 4 marzo 2015

The walking dead


Non so come funziona nelle altre metropolitane del mondo. Quella di Roma è la prima che prendo abitualmente e dalla città da cui vengo, la metropolitana, nel vero senso della parola, non esiste. 
Dunque nella metropolitana di Roma, come più in generale nei mezzi pubblici, la mattina presto, le facce che si incontrano non sono mai troppo sveglie o allegre, fatta eccezione per stranieri e turisti che sembrano sempre fin troppo eccitati di stare qui, anche se ormai sono più romani di me. 
L'aria che si respira quindi è di tristezza, stanchezza, spossatezza e nervosismo da mancanza di sonno. Tutto questo porta l'essere umano all'isteria in alcuni casi (come nel mio) o più semplicemente a deambulare senza forze ne meta. 
Il culmine di questa "sindrome da zombie" si ha quando si arriva alla fermata del policlinico. Qualcuno di voi è sicuramente di Roma e  sicuramente almeno una volta sarà sceso a quella fermata. 
Normalmente la prima uscita che ci si trova d'innanzi è quella sbagliata. È cioè l'entrata e non vi sono scale mobili in salita. La scala non è breve per una persona che a stento riesce mantenersi dritta per più di cinque minuti e quindi la massa di persone che esce dalla metro si dirige verso l'uscita più lontana, che è anche quella corretta. Lì le scale mobili sono due ma molto strette, il che produce una lunga fila che si estende fino alla banchina. 
Ovviamente c'è sempre il furbo che trascina il trolley tre metri più indietro di lui  senza considerare affatto che magari con quel trolley potrebbe colpire o far inciampare qualcuno, nella fattispecie io, perché non si sa per quale punizione divina, ma sono sempre io quella che si ritrova con questa gente davanti. 
Come quel giorno in cui salì sul tram la signora con l'ombrello rotto: non le si chiudeva più, ma, senza rassegnarsi all'idea, lei continuava a tentare di chiuderlo e l'ombrello, ripetutamente, scattava dal manico, ovviamente estremamente vicino alla mia faccia, che non sarebbe più così liscia se non mi fossi scansata più di una volta. 
Ma tornando alla metropolitana, la lunga fila che si crea e che avanza lenta, estenuante, non può che confermare quanto la teoria dell'apocalisse zombie in fondo non sia tanto lontana e fantasiosa. L'unica cosa che ancora non facciamo la mattina presto, quando deambuliamo fuori dalla metropolitana, è mangiarci a vicenda, ma secondo me, solo perché a quell'ora, ancora, non ne abbiamo la forza.

martedì 3 marzo 2015

Introduzione


Cari amici lettori,

da qualche mese ormai vivo nella capitale, e da circa un mese ho finalmente trovato lavoro, questo implica che io sia costretta a prendere i mezzi pubblici. E sui mezzi, si sa, si trova di tutto e di più. Ciò che vedo, sento e percepisco intorno a me durante il tragitto da casa a lavoro, circa un'ora e mezza sui mezzi pubblici, è per me divenuta fonte di estrema ispirazione e così, invece di lasciarla sprecata, ho deciso di aprire un blog, dove trasformare in racconti ciò che vedo intorno a me.
Raccontare ciò che ho visto fino ad oggi non sarebbe possibile in un solo post, e al momento, dovrete accontentarvi di questa piccola introduzione, nel quale mi limiterò a citare le infinite possibilità di argomenti, strani odori, strane puzze, strani rumori, strani tic, strani discorsi, confessioni, silenzi e liti. 
Gente che è ignara di aver incontrato me, che piuttosto di stare china su un cellulare osservo, ascolto e mi interesso delle loro vite, seppur solo per quei pochi minuti in cui si sono incrociate le nostre, su quel breve tragitto da casa a lavoro, o viceversa.

                                                                                     Giorgia