mercoledì 11 marzo 2015

La magia ha sempre il suo prezzo.

Credo di si, credo che si trattasse di magia, non c'è altra spiegazione: stamattina come mio solito, arrivo quasi in ritardo alla fermata del tram, ma, tra me e me penso che se il tram fosse passato in tempo, avrei recuperato. Non faccio in tempo ad abbassare lo sguardo che ecco che il fantastico tram arriva, ed io riesco a salire perfino senza dovermi schiacciare come una sardina, e, cosa più importante, senza che nessuno mi schiacci (a parte una tizia che mi ha pestato tutti e due i piedi qualche fermata dopo); non ho dovuto correre poi per prendere il secondo bus, anch'esso perfettamente coordinato al mio arrivo alla fermata; infine, al mio arrivo in metropolitana, il treno passa subito, vuoto, deserto. Non potevo crederci! 
Qualcosa di inspiegabile e tremendamente piacevole: tutto un vagone per me e altre due persone. Mi seggo comodamente senza dover lanciare sguardi in cagnesco a chi ha puntato il mio stesso posto, senza avere bisogno di appendermi per non volare fino alla fine del vagone, senza avere l'imbarazzo di dover infilare la mano tra le facce di due persone per appendermi da qualche parte. Ero tranquilla, libera da sguardi indiscreti. 
Alla fermata della stazione di Roma Termini solitamente la metro si riempie e invece oggi è rimasta meravigliosamente vuota. Non è salita un'anima. Sono arrivata in ufficio linda e serena, ancora profumata di doccia fresca, e, sinceramente, non avrei mai sperato potesse succedere. 
Eh si, doveva proprio essere magia. Una magia che ho pagato duramente al ritorno: esco più tardi da lavoro e ovviamente il tram non passa. Dopo lunghi, estenuanti, noiosissimi minuti finalmente ne arriva uno. Ovviamente non un tram nuovo, grande, spazioso, no. Arriva un tram degli anni 50. Piccolo, stretto, senza spazio nè per sedersi nè per stare in piedi. Quei pochi fortunati (si fa per dire) che sono riusciti a sedersi, hanno sopra di loro una sfilza di ascelle e di aliti pesanti, e quasi sempre nessuno dei due ha un odore gradevole. E visto che le disgrazie non vengono mai da sole, io chiaramente sono in piedi e seduto davanti a me c'è, come sempre, l'unico allegro del tram che fischietta. Ma, e qui viene il bello, non è la mia unica punizione, o per meglio dire, l'unico prezzo che devo pagare. Infatti è solo il primo di una lunga serie! Poco dopo, sullo stesso tram, e proprio dietro di me, colgo un inconfondibile "ci rissi". Quella che molti hanno sicuramente scambiato per una donna non esattamente italiana, proveniente da chissà quale terra straniera, era invece una giovane donna siciliana che si lamentava dei suoi problemi amorosi e familiari con la zia. La storia, nonostante il dialetto della ragazza, l'hanno capita tutti quelli che stavano, come me, sul tram, grazie al megafono incorporato nel l'apparato vocale della ragazza. Vi rendo partecipi, facendola breve: lei sosteneva che la suocera fosse gelosa del figlio - ovvero suo marito - e che quest'ultimo, dando retta alla madre, la trattasse male. 
E, francamente, trattandosi di una ragazza siciliana, di chissà quale paese, la storia non mi suona nè strana, nè inverosimile, anzi piuttosto comune.
Ma tornando alla mia punizione, dopo spintoni, puzze e fastidi, riesco finalmente a scendere dal tram per raggiungere la metropolitana. E qui, proprio dove stamattina c'era stata la mia meravigliosa magia, ho pagato il prezzo più alto: sono stata scambiata per un palo d'appoggio, solo dopo essere stata arrotata da una bicicletta, s'intende! Si, io riesco ad essere investita da una bici dentro la metropolitana. Perchè voi no?
Quindi, dopo aver avuto una ruota di bicicletta stampata sul jeans,  questo simpaticissimo signore sale sulla metropolitana e comodamente appoggia le sue spalle sulle mie. Non sono riuscita a vedere la sua faccia fino alla fine di conseguenza, essendo spalle contro spalle, sono riuscita solo a cogliere le dimensioni di questo omaccione e il fatto che fosse estremamente tranquillo, con le sue cuffiette e le sue braccia raccolte sotto il metto, a stringersi la borsetta nera. Sembrava quasi che non capisse come mai si trovasse in metropolitana, ma soprattutto come mai riuscisse a non cadere nonostante la metro si muovesse piuttosto velocemente. Quando finalmente sono riuscita a guardarlo in viso non ho avuto più tanti dubbi sul come mai non si fosse reso conto che era appoggiato a me, ma soprattutto ho visto sul suo volto il massimo dello stupore: il suo appoggio era venuto incredibilmente meno, la metropolitana frenava e lui, lui veniva sbalzato a destra... E li, ormai un'eroina, c'ero sempre io, convinta di essermela cavata e invece no: di nuovo palo pronto ad accoglierlo col suo dolce peso di 100 kg per un metro e novanta di altezza.
Quando finalmente esco dalla metropolitana, un pò ammaccata e scossa, e salgo sull'autobus verso casa, su cui trovo posto e che parte immediatamente dopo che prendo posto, mi convinco che ormai sia finita, penso di avercela fatta, mi convinco che il mio prezzo è stato pagato e posso muovermi verso casa senza altri problemi e senza timori. E sarebbe stato effettivamente così, se non fosse che qualcosa è successa in realtà. Qualcosa che mi ha lasciato come un vuoto dentro, un dubbio atroce, che penso non potrò mai togliermi: quell'essere con quei baffi enormi e quel cappello enorme con un fiore enorme alla destra, dai braccialetti sbrilluccicosi, anch'essi enormi, era un uomo o una donna?!


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